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Ion Țiriac, 2 miliardi di dollari e 33 figli

Il portale Celebrity Networth stima ogni anno i patrimoni degli sportivi ed elegge tra questi il più ricco.  Lo sportivo più ricco del mondo non è, al momento,  Roger Federer, Michael Jordan o Tiger Woods, come si potrebbe pensare, ma un rumeno, Ion Țiriac, ex tennista e oggi imprenditore di enorme successo.  Si calcola che il patrimonio di Țiriac supera i 2 miliardi di dollari, il doppio di Michael Jordan per intenderci!
Nel 2007,  è diventato il primo miliardario rumeno e Forbes lo ha inserito tra le 1000 persone più ricche del mondo occupando anche la nona posizione nella classifica negli scapoli più ricchi del pianeta.

La sua fama non è proporzionale alla sua ricchezza e proprio per questo motivo la notizia che sia lui lo sportivo più ricco del mondo ha sorpreso tutti. A questo punto è più che legittima una domanda semplice: chi è Ion Țiriac?


tiriac2Come tennista, negli anni ’70, non è mai stato il numero 1 mondiale. Il suo anno migliore fu il 1968, quando fu stimato come ottavo giocatore del mondo.  I successi maggiori li ha ottenuti in doppio, insieme all’amico e connazionale Ilie Năstase  (che è stato numero 1 mondiale nel 1973), col quale ha formato una delle coppie più forti degli anni’70. Insieme hanno vinto più di 20 trofei, alcuni sul campo di Roland Garros. Non era un giocatore elegante, anche perché inizia la sua carriera sportiva come giocatore di hockey sul ghiaccio e questo si notava nel modo in cui si diceva che “impugnava la racchetta come un martello”. Era soprannominato sul campo da tennis  come conte Dracula, non solo per le sue origini transilvane (è nato a Brașov, nel 1939), ma soprattutto per il suo volto severo e misterioso, dietro il quale si nascondeva invece una grande ironia.  Disse una volta:  “sarei stato il miglior giocatore del mondo, se solo avessi saputo giocare a tennis“. Le qualità tennistiche di Ion Țiriac non erano certamente di primo livello. Spesso però sopperiva col cuore e con la furbizia, il mestiere, talvolta persino con l’aperta scorrettezza ed antisportività. Non mancano le leggende su di lui:  si racconta di come staccasse a morsi i pezzi dei bicchieri, tradendo le sue origini di “giostraio”, di quando minacciava fisicamente con la racchetta qualche giornalista per un articolo sgradito o ancora di quando tracannava in scioltezza bicchieri su bicchieri di whisky. 

beckerDopo il ritiro dal tennis professionistico, negli anni ’80, diventa un uomo d’affari in Germania, dove comincia ad allenare e a fare da manager  a molti campioni, come Mary Joe Fernandez, Guillermo Vilas, Marat Safin,  Steffi Graf,  Goran Ivanisevic e Boris Becker. Quest’ultimo diventerà, grazie al suo manager e allenatore, il più grande tennista degli anni ’80 e ’90. La leggenda narra che un giorno Ion Țiriac  si presentò in una Rolls Royce a casa di un giovane molto promettente di 17 anni, per impressionare la sua famiglia e convincerla a lasciare che fosse lui ad allenarlo: la famiglia del giovane Boris Becker accettò e Țiriac dimostrò di avere già grande fiuto per gli affari.

Con la caduta del regime comunista, nel 1989,  inizia vari affari in Romania. Come manager e imprenditore ha mostrato un talento eccezionale per il business: ha fatto investimenti nel ramo bancario ed assicurativo, ha fondato una banca e una compagnia di assicurazione che portano il suo nome, una compagnia aerea e tante altre attività secondarie, nel settore immobiliare. Un aneddoto di colore: recentemente si è lamentato durante un’intervista della mancanza di manodopera nei suoi cantieri, dove ha dovuto assumere cinesi e indiani visto che “tutti i rumeni lavorano in Italia”!

Nel 2002,  ha costruito a Madrid il parco giochi del tennis mondiale, diventato uno degli impianti più importanti del circuito ATP e, dal 2008, diventando direttore del Mutua Madrid Open. Nel 2013, L’International Tennis Hall of Fame gli ha dedicato una stella, come massimo riconoscimento del suo talento come manager sportivo. 

Ion Țiriac è, senza dubbio, un personaggio intrigante, con il suo volto misterioso, indecifrabile, dei grandi baffi che nascondono il viso e occhiali da sole scuri di cui non si separa mai. In Romania è una specie di guru della finanza, dell’economia, una persona da cui si va a chiedere consigli di tutti i generi: affari, investimmadridenti, tennis, politica, donne… Per quanto riguarda le donne, è riconosciuto come un tombeur de femmes, un grande seduttore, ammette che gli sono sempre piaciute e ha confessato, non molto tempo fa,  di avere ben 33 figli, di cui solo 3 legittimi!  Ha aggiunto anche che quando sarà il momento di dividere la sua cospicua eredità non farà favoritismi: “Dividerò tutto in parti uguali, anche se penso che un figlio non debba ricevere niente dal padre; altrimenti come potrebbe nascere in lui lo spirito competitivo?”. 

Ogni anno è corteggiato dai partiti politici che gli propongono di candidarsi per vari incarichi.  L’ultima proposta è arrivata nella primavera del 2014, quando gli è stato chiesto di candidarsi per diventare presidente della repubblica. La sua risposta è stata più che chiara : “Non sono stato capace di essere eletto presidente nella mia famiglia, come potrei chiedere di diventarlo per un intero paese?”. 




Sant’Andrea, la notte degli spiriti: aglio, cipolla e tanto mistero

Spesso mi chiedono se noi, gli ortodossi, siamo cristiani e più spesso sono i bambini che rivolgono questa domanda a mio figlio. La risposta è sempre la stessa: siamo cristiani grazie a Sant’Andrea, l’apostolo che, probabilmente, intorno al 50 d.c.,  convertì al cristianesimo i daci (gli antenati del popolo rumeno), ancora devoti al culto del loro dio Zamolxis.  “Il nostro Sant’Andrea?”, segue la domanda che dimostra l’incredulità davanti una simile “scoperta illuminante”.  Il “vostro” Sant’Andrea è il santo patrono della Romania,  sono più di 700.000 i rumeni che portano il nome di Andrei o Andreea (variante femminile) e che festeggiano il loro onomastico il 30 novembre, giorno dichiarato anche festa nazionale.
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La prima chiesa cristiana apparsa sul territorio romeno fu adibita in una grotta della regione Dobrogea, nel sud-est della Romania.  Si racconta che l’Apostolo Andrea, il primo discepolo di Cristo, giunto in Scizia Minore (la Romania di oggi), per diffondere la parola di Dio,  si rifugiò in questa zona dalle persecuzioni dei romani e i sacerdoti del culto locale lo ricevettero a braccia aperte, ospitandolo in una grotta in cui fu ulteriormente scavata la chiesa a lui dedicata.  Nelle vicinanze si trova anche la Sorgente di Sant’Andrea. Secondo la tradizione, quando il Santo Apostolo Andrea giunse in queste terre  non trovò in nessun posto dell’acqua, e allora colpì con il suo bastone la roccia nel posto dove c’è oggi la sorgente e l’acqua cominciò a sgorgare. La Grotta è un importante luogo di pellegrinaggio e di turismo religioso in Romania. 

Fin qui niente di strano. Il giorno di sant’Andrea è carico di sacralità  ma anche di tanta magia che rende questa festa veramente unica, grazie al suo intreccio, quasi mistico, tra elementi religiosi e riti pagani. La festività dedicata al santo coincide con un’altra festa pre-cristiana dedicata al lupo, che a quei tempi era adorato dai daci come una divinità.  Non a caso, lo stemma dei guerrieri era un drago con la testa di lupo. La notte tra il 29 e OLYMPUS DIGITAL CAMERA30 novembre viene chiamata anche la notte del lupo, giorno che porta l’inverno. Anche la figura popolare del santo è molto legata a quella del lupo, poiché  si crede che il santo stesso, in questo giorno raccoglie tutti i lupi e distribuisce ad ognuno una preda per tutto l’inverno. In alcune regioni della Romania si narra che in questa notte gli animali parlano tra di loro nella lingua universale, comprensibile anche dall’uomo. Purtroppo tale rivelazione, se ascoltata dalle orecchie umane, potrebbe costare molto caro… l’uomo perderebbe l’udito, se non la vita.

Nella tradizione popolare, questa notte è conosciuta soprattutto come la notte degli spiriti, degli strigoi,  delle figure mitologiche, una specie di morti viventi, che solo questa notte abbandonano le loro tombe e vagano sulla terra,  provocando diverse malefatte:  fanno impazzire gli uomini, distruggono i raccolti, fanno ammalare gli animali,  torturano e succhiano il sangue dei vivi, rovinano la bellezza delle ragazze, rapiscono i bambini senza battesimo e gli uomini con molti peccati.  Per proteggersi dalla forza malefica di questi morti viventi, esistevano – e tutt’ora sono conservate – una varietà di tradizioni, superstizioni ed usanze nelle quali il paganesimo si scontra con il cristianesimo. Stanotte si chiudono tutte le finestre e le porte delle case e vengono anche unte di aglio per tenere lontani gli spiriti malvagi.usturoi Si devono, inoltre, coprire tutti i fori che possano permettere l’entrata in casa. Le donne hanno il ruolo di proteggere la propria famiglia mettendo sottosopra tutte le pentole di casa, oppure spargendo per la casa pezzi di pane, in modo che gli spiriti maligni si fermino a raccorglierli evitando di entrare in casa. Ricordo che noi, i bambini, avevamo il compito di fare delle grosse trecce d’aglio, che si mettevano poi sopra le porte, ma anche quello di coprire tutti i buchi di porte e finestre, sempre con aglio, per non lasciare spazio agli spiriti di entrare.  E’ inutile dire che l’odore forte di aglio allontanava qualsiasi essere,  vivente o no,  che si avvicinava alle case!!cimitir

Quello che più mi incuriosiva e allo stesso tempo mi terrorizzava era un altro rituale, a cui i bambini non potevano assistere, per rivelare l’autore di un crimine o di un furto. Anche gli investigatori più bravi ne sarebbero invidiosi! Un gruppo di uomini andavano al cimitero a mezzanotte muniti di candele e di un vaso pieno di acqua benedetta con delle monete d’argento dentro. Si posava il vaso su una tomba abbandonata, si accendevano le candele e si pregava  finché nell’acqua non compariva l’immagine del criminale o del ladro. Qualcuno giura che tutto ciò, spaventosamente,  si avverava…

La notte tra il 29 novembre e il 30 è anche la notte durante la quale le ragazze possono conoscere il loro futuro e vedere il futuro sposo, guardando il fondo di un pozzo alla luce di una candela o mettendo 41 semi di mela o dei fiori secchi di basilico sotto il cuscino. Confesso che nella mia vita ho mangiato tante mele solo per raccogliere i 41 semi che avevano il potere di svelare il mio futuro amoroso. Il divertimento più grande era il giorno dopo, quando le amiche si raccontavano i sogni fatti la notte prima. Io mi ricordo uno solo, indimenticabile: quello in cui Chuck Norris si sposava per la settima volta… con me! Dovete ammettere che sant’Andrea ha parecchio senso dell’umorismo!

busuioc andreTra tutte le tradizioni legate alla notte di Sant’Andrea c’è una che, da piccola, mi piaceva più di tutte: era quella che sostituiva il lavoro di qualsiasi meteorologo esperto. Si prendevano 12 cipolle, una per ogni mese dell’anno, si mettevano nella soffitta, lontano dalla luce del sole e si lasciavano lì fino alla vigilia di Natale. Si tagliavano in due e quello che si trovava all’interno si interpretava in questo modo: ogni cipolla che usciva marcia dentro significava un mese di precipitazioni, quelle che avevano germogliato indicavano i mesi propizi per l’agricoltura. Forse c’è poco di scientifico, ma vi assicuro che le previsioni meteo “lette” nelle cipolle erano quasi sempre precise. Così come anche quelle indicate dalla luna: se era piena e il cielo sereno, l’inverno sarebbe stato caldo; se la luna era piena ma il cielo scuro, oppure se pioveva o nevicava, l’inverno sarebbe stato lungo, rigido e con tanta neve.

Mentre scrivo guardo fuori dalla finestra, il cielo è ricoperto di nuvole,  la luna… non la vedo… chissà come sarà quest’inverno… Meglio preparare l’aglio!




Timișoara-Trevisoara e il mistero delle (tante) ragazze

Un mio amico italiano è tornato da poco da Timișoara. E’ andato per la prima volta in Romania ed è rimasto colpito. “State meglio di noi, sicuramente!”, è stata la sua opinione” a caldo”. Poi ha ammesso che era partito con tanti pregiudizi, “sai, qua quando dici rumeno pensi soprattutto a quelli che ne combinano di tutti i colori e ti aspetti di trovarli anche lì”. Il suo soggiorno è andato benissimo, ha fatto tranquillamente passeggiate notturne per la città, è andato nei locali, ha visto pochi poliziotti in giro e nessun incidente spiacevole. “E’ impossibile fare un passo senza sentire parlare italiano, perciò mi sono sentito a casa, perché l’Italia lì è ovunque”,  èuniversitate stata la sua seconda osservazione, ragionevole, visto che, con più di 10.000 italiani che ci vivono, Timisoara è in parte “italianizzata”. Non a caso, viene chiamata anche l‘ottava provincia veneta, ossia Trevisoara. Il mio amico è rimasto impressionato da tante cose: i chilometri di piste ciclabili, i numerosi parchi, tanti spazi per i bambini, la gente rilassata e tranquilla, i terrazzi dei ristoranti affollati fino a tarda notte, i migliaia di giovani studenti universitari (più di 100.000, tra cui anche tanti italiani che studiano medicina) che inondano le strade e conferiscono alla città un’affascinante aria cosmopolita.
Timișoara è sempre stata cosmopolita, non solo per la lunga dominazione asburgica ma anche per la vicinanza all’Europa Occidentale. Chiamata anche la Piccola Vienna,  per la sua architettura barocca molto simile alla capitale austriaca, Timișoara ha una lunga storia. La prima attestazione documentaria risale al 1212,  quando era una città fortificata,  di nome Castrum Temesiensis. Conobbe un eccezionale sviluppo al tempo del re Carlo Roberto d’Angiò (nipote di Carlo II di Napoli), che, nel 1307,  costruì qui un palazzo reale e vi trasferì la capitale del regno d’Ungheria. Dal 1552, per quasi 200 anni, Ttimisoaraimișoara si trovò sotto la dominazione ottomana, poi, per altri 200 anni, sotto la dominazione austro-ungarica. Con queste premesse storiche, non è difficile spiegare perché a Timișoara si parlano oggi tante lingue: rumeno, tedesco, ungherese, serbo, turco, romanes ed è un eccellente esempio di convivenza tra popoli,  culture e religioni diverse.

La città ha due primati  in Europa: è l’unica ad avere tre teatri di stato in rumeno, tedesco e ungherese ed è stata la prima ad essere illuminata con lampioni elettrici.

La sua vicinanza all’Europa Occidentale,  a Belgrado (180km) e a Budapest (300km), gli ha conferito uno statuto privilegiato durante gli anni bui del comunismo. Mi ricordo che all’epoca, quando si diceva Timișoara si intendeva un’isola di capitalismo proibito che il regime non era riuscito a controllare. Ci si andava per comprare i jeans capitalisti, le scarpe firmate, le sigarette americane, per bere la Coca Cola nei ristoranti, per comprare i vinili dei Rolling Stones o dei Pink Floyd, per vedere le TV straniere alle quali nessun’altra parte della Romania aveva accesso. Non a caso, la Rivoluzione anticomunista del 1989, che portò alla caduta del regime di Nicolae Ceaușescu,  iniziò proprio a Timișoara, nei primi giorni di dicembre. Dopo le prime manifestazioni di protesta contro il regime, a cui parteciparono migliaia di persone, fu decretata l’applicazione della legge marziale, vietando alla popolazione di circolare in gruppitimis più numerosi di 2 persone. Sfidando i divieti, un gruppo di 30 giovani avanzarono verso la Cattedrale ortodossa,  dove fluttuarono bandiere rumene, con lo stemma comunista tagliato. L’immagine simbolo della rivoluzione rumena è costituita da questi 30 manifestanti che iniziarono a cantare “Deșteaptă-te române” (Destati, rumeno), l’attuale inno nazionale rumeno, all’epoca vietato e la cui esecuzione in pubblico era punita dal codice penale. I militari fecero immediatamente partire una raffica di mitra che uccise alcuni dei  manifestanti,  ferendone gravemente altri. Fu l’inizio della fine di un’epoca e di un regime dittatoriale che guidò la Romania per più di 50 anni. Così la piccola Vienna è diventata anche la capitale della Rivoluzione anti-comunista.
La caduta del regime comunista ha aperto le porte al capitalismo, così tanto desiderato. I primi imprenditori arrivati qui negli anni ’90 sono stati gli italiani, soprattutto quelli provenienti dal Nordest, che cercavano nuovi spazi industriali a costi produttivi inferiori. La Romania, desiderosa di cambiare strada e di dirigersi verso la globalizzazione, metteva a disposizione intere praterie e tante agevolazioni fiscali.  Di conseguenza, si registrò una vasta processione di aziende italiane, che portarono a Timisoara oltre 10.000 italiani. Oggi, la Camera di Commercio Rumena conta oltre 2000 aziende italiane presenti nella zona, tra le 13.000 registrate in tutta la Romania.  L’italiano è diventata la settima lingua parlata e, gli italiani, i visitatori più assidui, per lavoro o per turismo, quello classico, ma anche quello dentistico,  molto fiorente negli ultimi anni.

La città occupa il terzo posto tra le città rumene più visitate dai turisti stranieri, dopo Bucarest e Brașov. Attraversata da due fiumi, Bega e Timiș,  Timișoara detiene il più ampio numero di edifici storici della Romania, anche perché in questo posto la politica urbanistica del regime comunista, distruttiva e irrispettosa verso il passato,  non hapiata unirii lasciato la sua impronta, come a Bucarest ad esempio. L’elenco dei monumenti di Timișoara è talmente vasto che si perde presto il conto e si fa fatica a programmare un itinerario in anticipo. Nel centro storico, compatto e monumentale, due sono le tappe obbligatorie:  Piața Unirii (Piazza dell’Unità), la piazza principale della città vecchia di Timișoara, in stile barocco, chiamata anche “Union Square” per la presenza delle due cattedrali opposte: quella ortodossa serba e quella cattolica; Piața Victoriei (Piazza della Vittoria o della Rivoluzione),  luogo della memoria e, nello  stesso tempo,  l’anima della città,  un crocevia per shopping, caffè bar e luoghi di ritrovo. La sua forma rettangolare è dominata, ai suoi opposti, dalla Cattedrale ortodossa e dal teatro dell’Opera.  Seguendo il corso del Bega, si possono scegliere percorsi alternativi, lungo gli argini e sui ponti, o nei quartieri semiperiferici, come Cetate, Josefin e Fabric, con i loro insiemi architettonici urbani che meritano di essere visti. Si può decidere semplicemente anche solo di fare su e giù passando da un tram all’atro tram, scendendo per ammirare un fregio barocco su un portone o il silenzio dei tanti parchi e giardini, più di 450 ettari, che hanno conferito alla città un altro  soprannome, quello della Città dei Fiori.parchi

Ho lasciato alla fine un altro primato di Timișoara: questa città è l’unico posto dalla Romania dove si registra un vecchio fenomeno genetico collegato al fatto che la maggior parte dei neonati sono di sesso femminile, il risultato è che ci sono 4 ragazze per ogni uomo.  La causa resta misteriosa, anche se si presuppone che risulti dalle condizioni climatiche, acqua e terra locale. Certo sta che il cosiddetto Fenomeno Timișoara rende la città particolarmente attraente per i turisti stranieri,  grazie alle sue bellezze… e non parlo solo di arte!




La ballata di Mastro Manole, un cuore in uno scrigno e altre storie…

E’ da tempo che penso alla leggenda di Mastro Manole (Meșterul Manole) e a come raccontarla. Gli ingredienti della vicenda sono molti e particolarmente intricati. E’ una storia tragica che rappresenta uno dei miti fondamentali della cultura rumena,  il mito estetico della creazione.

Si narra di un sacrificio umano, il più doloroso che si possa immaginare, ma anche di un monastero, quello di Curtea de Argeș, considerato un capolavoro architettonico senza eguali. Il monastero si trova nella Valacchia del principe Vlad, Dracula, non lontano dalla sua dimora di Poenari,  lungo il fiume Argeș, lo stesso dove, secondo Bram Stoker, si è gettata Elisabetta, la moglie del principe,  dopo aver appreso la (falsa) notizia della morte del marito in battaglia. Come se non bastasse nel Monastero di Argeș, è sepolta la regina Maria di Romania, insieme ad altri re e regine, niente di strano se non fosse che il suo corpo è senza il cuore!  La regina pretese in vita che alla sua morte il cuore le venisse estirpato, sistemato in uno scrigno d’oro e sepolto in un altro palazzo, nella città di Balcic, a cui si sentiva particolarmente legata. Questa non è una leggenda, ma pura verità storica.

I migliaia di turisti stranieri che arrivano ogni anno a Curtea de Argeș vengono attratti non solo dalla bellezza del Monastero, ma sicuramente anche dal mistero che lo avvolge, tra credenze popolari, leggende e storia. 

curtea de argesNel 1515, uno dei primi voivoda (principe) della Valacchia, Neagoe Basarab, decise di innalzare un monastero, al posto della vecchia chiesa metropolitana. Non voleva costruire un edificio qualunque, doveva essere il più bello tra tutti quelli realizzati fino a quel momento. Per questo fu lui stesso a progettare il monastero, visto che aveva vaste conoscenze di architettura,  e seguì da vicino i lavori, per quasi tre anni. Fece arrivare piastrelle di marmo e tessere di mosaico appositamente da Costantinopoli e procurò grandi quantità di oro e argento per le decorazioni, rinunciando a quasi tutte le sue ricchezze, per poter realizzare un luogo sacro unico. Assunse il più famoso pittore dell’epoca, Dobromir Zugravul, che realizzò dei dipinti meravigliosi, paragonati dai critici d’arte a quelli che si trovano nella famosa Basilica di Santa Sofia, a Istanbul. Ad una prima occhiata, questo monastero in pietra bianca con i tetti d’argento e le torri sinuose in oro colpisce proprio per la sua architettura unica, un misto affascinante di arte bizantina, con influenze armene, persiane e arabe. Il monastero è sopravvissuto a secoli di guerre, ai climi rigidi e a un incendio che, nel 1875,  rese necessario un restauro (dall’architetto francese André Lecomte du Nouy).

I documenti dell’epoca parlano di un luogo di culto imponente, unico per la sua bellezza (e anche per suoi costi!),  che il popolo accolse con molta fede e altrettanta curiosità perché era diverso da tutto quello che fu edificato fino a quel momento. Molti cercarono di giustificare questa incredibile grandiosità facendo appello a superstizioni e credenze popolari, come quella, molto diffusa,  secondo la quale l’arte richiede un sacrificio… un sacrificio umano!

Nacque così, da autore anonimo,  la Ballata del Monastero Argeș.
interior

La ballata inizia con Negru Vodă (Principe Nero), sovrano del territorio di Argeș,  che cerca sulla riva del fiume Argeș, insieme a “dieci grandi mastri e muratori”, guidati da Manole, un luogo perfetto per costruire un monastero come non si è mai visto. Camminando incontrano un pastore che racconta loro delle rovine di un muro, dove delle forze irrazionali impediscono qualsiasi costruzione, insomma, un luogo maledetto. Il voivoda decide di costruire proprio lì un monastero unico al mondo per la sua bellezza e splendore, non solo per orgoglio o per la continuità di una tradizione, ma anche per santificare il posto, sconfiggendo il male che sembra di alloggiare lì.

Ben presto, mastro Manole e i suoi uomini dovranno fare i conti con la maledizione di questo luogo: tutto quello che costruiscono durante il giorno, la notte sprofonda!

Il sovrano viene ogni giorno a controllare i lavori e non si capacita del fatto che dopo settimane di lavoro ancora non sia stato alzato neanche una parete e minaccia gli operai di seppellirli vivi nelle fondamenta.

Per sostenere i muratori interviene la Divinità, con un “sussurro dall’alto”. Manole, il prescelto, sogna che i muri resisteranno alla maledizione solo con un sacrificio umano: la prima donna, moglie o sorella che arriverà il giorno seguente con il pranzo sarebbe dovuta essere murata viva nelle fondamenta.
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Informati del sogno, i mastri giurano di mantenere il segreto, ma sono tormentati. Il più preoccupato è Manole che, il giorno seguente, di mattina presto, “scruta l’orizzonte” per scoprire chi sarà la donna destinata al sacrificio supremo.  La sofferenza di Manole aumenta “fino a lacerare il suo cuore”, quando si accorge che colei che si stava avvicinando era proprio sua moglie,  Ana!

Sperando di cambiare il destino, si rivolge alla Divinità, affinché la fermi. Il cielo si lascia convincere e risponde alle preghiere dell’uomo, scatenando fenomeni naturali devastanti, tempeste e venti terribili, nel tentativo di fermarla, ma questa mostra una forza di volontà unica e niente riesce ad impedirle di compiere il suo destino.

Manole, tormentato da una lato dalla passione per la creazione e dall’altro dall’amore per Ana, accetta impotente il sacrificio della sua sposa.

Comincia con lei una sorta di gioco macabro e, fingendo una sorta di scherzo,  inizia a murare viva lei e il bimbo che Ana portava in grembo.  Questa è la parte più drammatica e angosciante della ballata, perché invoca il dolore fisico, il pianto della creatura che Ana portava dentro di sé ed il presentimento della sua fine, quando si rende conto di essere condannata.

Manole piange e continua a costruire, seppellendo la moglie tra le mura, “fino alle caviglie, fino ai polpacci, fino al grembo, fino alle spalle, fino al volto…” . Quando non si vede più il volto di Ana, si sentono ancora forti i suoi lamenti.

Alla fine, Manole si inginocchia e abbraccia il muro, che finalmente non crolla più.

anaUna volta compiuti i lavori,  Negru Voda arriva e rimane incantato dalla bellezza del monastero. Chiede provocatoriamente a mastro Manole se fosse capace di costruire un monastero ancora più bello e lui risponde, incautamente,  di sì.

Il voivoda si infuria e ordina di togliere le impalcature e di lasciar morire i costruttori sul tetto.  

Tentando di superare la propria condizione, come il leggendario Icaro, gli operai costruiscono delle ali con assicelle di legno, ma non riescono a volare e precipitando, trovano la loro fine.

La ballata si conclude con l’immagine del volo di Manole, che, mentre cade, continua a sentire i gemiti della sua amata.  fantana

Sul luogo dove Manole precipita nasce una sorgente che a oggi non si è non è mai prosciugata. La leggenda dice che, addolorata, la terra fece spuntare un filo di acqua, una sua lacrima. Davanti alla Fontana di Manole si fermano affascinati i viaggiatori di tutto il mondo, alcuni gettano qualche moneta ed esprimono un desiderio. Poi, si fermano incuriositi davanti alla parete sulla quale possono leggere un scritta, con lettere in rosso-sangue, che indica il luogo dove sarebbe stata murata Ana.  Qualche monaco si avvicina e racconta a bassa voce, sussurrando, che ancora oggi, qualche volta si sentono i suoi gemiti…