1

Azzurro di Voroneț nella Cappella Sistina d’Oriente

Nelle terre lontane dell’Est, quasi ai confini dell’Europa, in Bucovina (nel nord della Moldavia), esiste un azzurro irripetibile, talmente unico da entrare nel lessico artistico universale, insieme al rosso di Tiziano e il verde di Veronese. L’azzurro di Voroneț non è il colore del cielo, ma il colore  dominante negli affreschi di un monastero ortodosso,  tra i più belli del mondo, soprannominato dai critici d’arte la Cappella Sistina dell’Est,  grazie al suo dipinto principale, che copre l’intera facciata occidentale, il Giudizio Universale. Una vera Bibbia immersa nell’azzurro, realizzata, nel 1547,  dallo ieromonaco Gaurila,  apprezzato come un grande artista, colto ed erudito, conoscitore dei dogmi e della dottrina ortodossa, e per questo in grado di rappresentarli con chiarezza e capacità di sintesi. Nel mezzo della scena del Giudizio sta Cristo, con ai lati la Madonna e Giovanni Battista, tramite tra il cielo e il mondo degli uomini, che inizia più sotto con Adamo (rappresentato da vecchio, per esprimere la lunga durata del genere umano ) ed Eva (raffigurata giovane e bella, simbolicamente è grazie a lei che l’umanità si rigenera sempre).  Ai lati ci sono i santi e i gli apostoli, seduti su delle panche ornate, in stile prezioso e calligrafico. Attorno ad Adamo ed Eva viene raffigurata la grande scena corale della pesatura delle anime, dove per la maggior parte dei beati, Sparticolarean Pietro apre le porte del Paradiso. Sono pochi quelli destinati alla dannazione, l’artista conferendo molto spazio alla resurrezione e all’entrata nel Paradiso. La maestosa composizione, di grande ricchezza creativa, è rappresentata su un fondo azzurro, intenso, nelle sue infinite tonalità.

Gli altri affreschi, ricchi di dettagli, rappresentano altre scene bibliche, come la Genesi, ma anche preghiere e inni sacri. Nell’Albero di Gesù, o Albero di Jasse, si possono scorgere i ritratti di antichi filosofi greci come Aristotele e Platone.

Il monastero Voroneț coniuga elementi bizantini e gotici visibili nella torre, nelle finestre ad arco gotico e nelle cornici rettangolari delle porte. Non è per niente monumentale, anzi, è piuttosto piccolo ( 25×11 metri),  ma credetemi,  l’impatto è capace di togliere il fiato, per la bellezza e l’intensità dei suoi dipinti e per quell’azzurro che stranamente pare che cambi la sua tonalità a seconda del grado di umidità nell’atmosfera. La composizione del colore, realizzata con un pigmento sconosciuto oggi, molto durevole nel tempo e che gli conferisce una brillantezza fresca e inusuale, è stata persa con la morte dell’autore.  Si racconta che, alla fine del sedicesimo secolo, l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo inviò a Voroneț due alchimisti per studiare e capire il segreto del colore azzurro del monastero. Vennero, toccarono, prelevarono dei frammenti e li portarono a Praga, ma non seppero ricreare l’ azzurro degli affreschi. L’enigma dell’azzurro di Voroneț è tuttora irrisolto, visto che neanche chimicamente non si è riuscito a riprodurlo. Oggi si sa solamente che alla base di questo colore c’era un minerale chiamato azzurrite. Magia, stregoneria o alchimia, si è cercato di spiegare in tutti i modi il segreto dell’azzurro di Voroneț.  A sentire una delle monache del monastero, che si è demanastiredicata, negli ultimi anni, al restauro dei dipinti, “è proprio il colore che ha portato le anime tra queste mura, un vero miracolo della fede. Ogni santo raffigurato, ogni storia biblica, ogni dettaglio si sono fissati negli occhi dei visitatori grazie all’azzurro…E’ una carezza che giunge dal cielo…”

Così come sempre dal cielo sembrava giunta, nel 1475, l’ispirazione che ebbe l’eremita Daniil di Putna, nel consigliare Ștefan cel Mare (Stefano il Grande), il voivoda-principe della Moldavia, di intraprendere una campagna militare contro i turchi, guidati dal sultano Maometto II. L’eremita gli avrebbe predetto anche la vittoria, chiedendo al principe di erigere sul posto un monastero nel nome di San Giorgio Martire, come Patrono della sua chiesa. Stefano il Grande vinse quella battaglia e  fu considerato dagli storici il primo dei principi del mondo ad aver ottenuto una vittoria contro i turchi. In seguito,  papa Sisto IV lo nomino: 

manastirea_voronet“atleta di Cristo e un vero difensore della fede cristiana”. Si susseguirono tante altre battaglie e solo nel 1488, il voivoda mantenne la promessa fatta al sua consigliere-eremita e ordinò la costruzione di un monastero a Voroneț, che doveva diventare un luogo sacro simbolico in quella parte dell’Europa cristiana minacciata in permanenza dai turchi.  Il monastero fu edificato in meno di 4 mesi, ma gli affreschi furono aggiunti 60 anni dopo. Voroneț fu solo uno di una lunga lista che contiene tanti luoghi di culto costruiti da Stefano il Grande, nei suoi 44 anni di principato: la tradizione vuole che ci fosse stata una  chiesa per ogni anno e per ogni battaglia vinta contro i turchi. Le malelingue, esperte in “gossip storico”, parlano anche di tanti figli del voivoda, legittimi e illegittimi, certo, non tanti quanti i luoghi sacri che ha fatto edificare.  Ma queste “chiacchiere da salotto” non hanno impedito la Chiesa Ortodossa a santificarlo,  nel 1992, per il suo ruolo fondamentale nella difesa della cristianità. Nel 1475,  Stefano il Grande scrisse una lettera a tutti i sovrani cristiani d’Europa in cui ribadiva che “il nostro paese è la porta della cristianità finora difesa, con l’aiuto del Signore, ma se questa porta sarà persa, che Dio ci guardi, tutta la Cristianità sarà in grande pericolo”. 

Dopo più di cinquecento anni dalla loro costruzione, alcuni dei monasteri dipinti di Bucovina sono diventati patrimonio Unesco e attirano ogni anno oltre 2 milioni di turisti, attratti dalla bellezza degli affreschi e da quel misterioso azzurro che non si può scorgere in nessun’altra parte del mondo. Mi viene in mente che Fulcanelli aveva scritto ne Il mistero delle cattedrali che il segreto degli alchimisti è racchiuso in un colore di una vetrata di Nôtre Dame a Parigi. Il segreto dell’azzurro di Voroneț, invece, che neanche gli alchimisti dell’epoca sono riusciti a decifrare è racchiuso tra le mura di un monastero, nel lontano Est.

albastru2