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Romania da Guinness dei primati

Quando il dittatore rumeno Nicolae Ceaușescu decise di costruire a Bucarest, la Casa del Popolo, un edificio gigantesco che rifletteva perfettamente la sua megalomania, non  casadelpopolopensava di sicuro che sarebbe finito nel Guinness dei primati! La sua monumentale ed egocentrica opera è invece entrata nella storia come il più pesante e costoso edificio amministrativo del mondo, il secondo come grandezza, dopo il Pentagono. I numeri sono da capogiro: 84 metri di altezza, 340.000 metri quadri, 4 livelli
sotto terra, 17 piani fuori terra, 3100 stanze, un reticolo di tunnel sotterranei percorribili in auto che collegava la Casa del Popolo all’aeroporto di Bucarest  (nel caso in cui ci fosse stata necessitàdi fuggire dalla furia del popolo), due bunker antiatomici, un labirinto di stanze ed enormi magazzini. Sette anni di lavoro ininterrotto, con l’ausilio di 20.000 operai e 200 architetti.

Nel Guinness dei primati è entrato anche un altro monumento, che ha una storia ben diversa dalla Casa del Popolo.

La Croce degli Eroi, collocata a 2291 metri di altezza,  sulla Vetta Caraiman, nei Monti Bucegi , tra le località turistiche di Bușteni e Sinaia, è la più alta croce del mondo in cima ad monte. L’idea di costruirla fu di Re Ferdinando e della Regina Maria per ricordare i soldati caduti durante la prima guerra mondiale. La croce sarebbe apparsa in sogno alla regina, che scelse il luogo e seguì poi personalmente i lavori, tra il 1926 e 1928. Alta quasi 40 metri e con un basamento di 8 metri, la Croce degli Eroi o la Croce di Caraiman è visibile da una distanza di oltre 35 chilometri.

All’epoca della sua costruzione, il monumento era il più alto del mondo.

Nel basamento si trovava un generatore elettrico che alimentava 120 lampadine di 500 watt ciascuna. Nel periodo interbellico, la croce era illuminata il 15 agosto, croce caraimangiorno dell’Assunzione della Vergine Maria, e per la celebrazione dell’Ascensione di Gesù, quando si festeggia, a tutt’oggi, anche la Giornata degli Eroi.
Il regime comunista tentò di tagliare i bracci della Croce, per collocarci una stella, ma non ci riuscì. Durante la dittatura la croce era illuminata raramente e l’indifferenza delle autorità agevolò azioni di vandalismo.
Attualmente, il monumento è illuminato ogni notte da 300 lampadine di 500 watt ed è meta dei percorsi turistici stranieri e rumeni.

Non poteva mancare dal Guinness dei primati la più grande ginnasta di tutti i tempi, la rumena Nadia Comăneci.

Sono in molti quelli che si ricordano ancora che ai Giochi Olimpici di Montréal del 1976, una ragazzina di quattordici anni, (1.53 metri e 39 chili), si presentò alle parallele asimmetriche con un body bianco a strisce rosse sui fianchi e il numero settantatré. Aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo e una frangia che si apriva su due occhi neri,  grandi, che guardavano gli staggi di legno e poi per terra. In un attimo, dalla pedana snadia 10piccò il volo la perfezione, mai vista prima. I suoi movimenti erano precisi, rapidi, librandosi con leggerezza. Nadia sembrava di nuotare in un oceano d’aria, come diceva un cronista dell’epoca.

Quando concluse la sua performance, il pubblico l’accolse con una lunga ovazione. Attese col fiato sospeso il voto, e improvvisamente sul display comparve un enigmatico 1.00. Uno per dire dieci, perché il display era stato programmato per registrare votazioni solo fino a 9.99: Nadia fu la prima ginnasta di sempre ad ottenere il massimo punteggio che, in seguito, conseguirà ancora ben sei volte.  

Il primo dieci della storia della ginnastica è stato spesso paragonato ai quattro rigori parati, per la prima volta da un portiere, il rumeno, Helmuth Duckadam, soprannonimato l’eroe di Siviglia.

Nel 1986, riuscì, con una prestazione memorabile, a regalare il successo in Coppa dei Campioni alla Steauaduckadam Bucarest ai danni del più quotato Barcellona. Per una cinica ironia della sorte, la partita della gloria sarà per il ventisettenne baffuto anche l’ultima. Una grave trombosi alle mani ne pregiudicò per sempre la carriera. Qualche anno dopo, Duckadam entrò nel Guinness dei primati con i suoi quattro rigori parati.

Nel Libro dei record si ritrovano anche due grandi artisti rumeni, grazie alla loro venerabile età:  nel 1990, un anno prima della sua morte, la pianista Cella Delavrancea è salita sul palco per soscella delavranceatenere un concerto pubblico all’età di 103 anni, diventando la più anziana pianista del mondo. In un’intervista ha dichiarato che la sua longevità è dovuta al fatto che non ha conosciuto le malattie che distruggono l’anima: l’invidia, la gelosia e l’orgoglio. 

radu beligan

All’età di 97 anni, l’attore rumeno Radu Beligan è l’attore più anziano del mondo, ancora in attività. Nato il 14 dicembre 1918,  l’attore ha all’attivo oltre 70 anni di carriera, nel corso della quale ha interpretato tantissimi ruoli chiave della tradizione teatrale, oltre a vestire i panni di Leon Saint Pe nella commedia di Jean Anouilh , “L’ Egoista”, per ben 330 volte. Per la sua impressionante attività, ha ricevuto anche la Legione d’Onore francese.

Sempre grazie alla sua lunga carriera, durata dal 1968 al 2008,  è entrato nel Guinness dei primati anche Laurențiu Moldovan, il più longevo pilota di formula uno.

Il giorno prima di compiere 40 anni di carriera,  a 75 anni, corse plaurentiu moldofer l’ultima volta: durante la gara, fu vittima di un incidente, il primo e l’ultimo della sua vita, che gli fu fatale. Il suo sogno, quello di entrare nel libro dei record come il più anziano pilota del mondo, si esaudì qualche anno dopo la sua morte.

La Romania è presente nel Guinness dei primati anche con altri record, tanto diversi tra loro.

Il poema d’amore più lungo del mondo è opera del più grande poeta rumeno di tutti i tempi.

Si tratta di Mihai Eminescu e del suo poema di 98 strofe, Luceafărul (Iperione). Sul sito ufficiale del Guinness, il poema viene descritto come un misto tra Via col Vento e Love Story,  per il suo romanticismo, e Star Trek, per i suoi elementi di fantascienza.

Il paio di gemelli più caro del mondo è stato acquisito in Romania, a Bucarest,  da Michael Jackson, nel novembre del 1996. L’artista pagò 39.750 dollari per i gemelli in oro e platino con diamanti e zaffiri, che indossò abbinati alla sua leggendaria divisa militare durante il tour mondiale HIStory.

abito sposaSono entrati ufficialmente nel Guinnes dei primati anche due abiti da sposa realizzati a Bucarest: il primo, con il più grande numero de cristalli, 50.000 tra perle e cristalli Svarowski. Il secondo ha lo strascico più lungo del mondo, di quasi 3 chilometri!  Si tratta di un velo di ben 4700 metri di taffetà, 5,5 metri di pizzo chantilly e 1875 gancetti. Pensate che per realizzarlo, dieci sarti hanno lavorato per 100 giorni! Per fare apprezzare l’abito in tutta la sua lunghezza,  una mongolfiera, ha sollevato la modella sui cieli di Bucarest. Il lungo strascico bianco batte il precedente record di 2 chilometri e 488 metri, detenuto da un disegnatore tedesco.




Brașov, non solo il Castello di Dracula

Se vi proponessi un viaggio in Transilvania, nella città di Brașov (la seconda più visitata della Romania, dopo Bucarest), dopo aver consultato guide turistiche spicciole, pensereste inevitabilmente al conte Dracula, al suo Castello Bran, il solito percorso misterioso sulle sue tracce! Nell’immaginario di ogni viaggiatore, nutrito da libri di antropologia culturale, letteratura gotica, Transilvania è ormai sinonimo di “vampiro” e Brașov il luogo in cui sorge il “suo” castello. La colpa è di Bram Stoker che, nel 1897, ambientò il suo romanzo da queste parti, senza aver mai visitato la Romania, semplicemente puntando il dito estratto dal suo immaginario su una mappa.

Per i rumeni,  invece, il principe Vlad l’Impalatore non è poi così diverso dagli altri monarchi del XV e XVI secolo. Nonostante fosse considerato dai suoi nemici un assassino assetato di sangue, i libri di storia ne parlano come un eroe nazionale, col merito di aver mantenuto integro lo stato della Valacchia, combattendo eroicamente contro i turchi guidati da Maometto II, conquistatore di Costantinopoli.

dracula festivalPerciò, una volta arrivati a Brașov, vi consiglio di non chiedere troppo in giro di Dracula, il vampiro letterario, senza fare riferimento anche all’eroico Vlad III, perché gli abitanti di Brașov non ne parleranno volentieri. Eppure la consapevolezza che il flusso turistico sia legata alla sua figura leggendaria è evidente e non a caso, da tre anni,  nel mese di ottobre, si tiene il Dracula Film: Horror and Fantasy International Festival, che si aprirà quest’anno con l’anteprima del film di animazione Hotel Transilvania 2.

Ma a Brașov c’è molto di più!

piazza sfatului
Piazza Sfatului, Piazza del Municipio

Conosciuta anche con il nome tedesco Kronstadt, è una delle più antiche città dell’Europa, fondata dai cavalieri teutonici nel 1211 e fortificata dai sassoni, nel 1235. Fa parte delle sette città sassoni della Transilvania, chiamate Siebenbürgen (insieme a Sibiu, Bistrița, Sighișoara, Cluj, Mediaș e Orăștie), edificate in seguito alla colonizzazione dell’Est da parte di popolazioni germaniche. I cosiddetti Sassoni della Transilvania hanno influenzato notevolmente sia la cultura che le tradizioni locali, l’architettura, ma anche la toponomastica dei luoghi. Tuttavia, nel tempo la presenza sassone è diminuita, lasciando spazio ad altre nazionalità: rumena, la più numerosa, ungherese, diventata oggi la minoranza linguistica più grande della città. Esistono anche comunità di zingari, russi, greci ed ebrei.  Tutte queste caratteristiche rendono Brașov un piccolo centro cosmopolita, che conserva in maniera evidente la struttura medievale, con il suo dedalo di stradine, le facciate barocche, le guglie gotiche e le grandiose mura di cinta, costruite nel XV secolo. Lunghe 3 kilometri e alte 12 metri, le mura la rendono la città più fortificata della Transilvania.

piazza municipio
Piazza Sfatului, Piazza del Municipio

Il nostro viaggio inizia nella Piazza Centrale della città, chiamata Piazza Sfatului, ossia Piazza del Municipio, una piazza a 360 gradi, particolare per l’architettura degli edifici bassi che formano un complesso omogeneo, per le sue dimensioni molto grandi, che danno un’idea dell’importanza della città nel Medioevo. Una volta qui si svolgevano le fiere e i mercati che raccoglievano gente da tutta la regione. Oggi la piazza e animata da numerosi caffè e ristoranti aperti fino a tardi. Del suo ricco passato conserva in particolare la Casa dei Mercanti (1544), antico padiglione trasformato in una galleria commerciale. Meritano una visita attenta la Cattedrale ortodossa della Dormizione della Vergine, in stile neobizantino del XIX  secolo, e  la Casa del Consiglio, del  XIV secolo, oggi un museo di storia della regione.

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La Chiesa Nera

La piazza ospita soprattutto il più grande edificio di culto in stile gotico del Sud-Est europeo, la Chiesa Nera (chiamata inizialmente la Chiesa di Santa Maria), costruita tra il 1385 e il 1477. Nel 1689 un grande incendio devastò gran parte della città e annerì le mura della chiesa, da allora il suo nome è stato cambiato per testimoniare la sua tragica storia. La chiesa può accogliere circa 5000 persone, praticamente l’intera popolazione della città al momento della sua costruzione. Le sue dimensioni sono impressionanti: 90 metri di lunghezza, 37 metri di larghezza e una torre croce di 65 metri.

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Organo della Chiesa Nera

Linterno è in stile barocco ed è riccamente decorato. L’edificio ospita una tra le più grandi collezioni di tappeti orientali in Europa composta da 119 tappeti anatolici (donati alla chiesa da alcuni mercanti tedeschi tra il XVII e il XVIII secolo, come ringraziamento per essere sopravvissuti nelle terre barbare) e un enorme organo con oltre 4 mila canne, costruito nel 1839 da Carl August Buchholz,  utilizzato anche oggi per concerti.

La chiesa comprende 6 portali di diversi stili architettonici, dal gotico al rinascimentale.

statua bambinoC’è un dettaglio tenebroso che rende ancora più particolare questa chiesa. Si tratta di una statua insolita per un luogo di culto, che raffigura un ragazzino che sembra stia per cadere dal tetto. Secondo le leggende, sarebbe stato un apprendista molto abile, ucciso per invidia dal capo-mastro. Questo lo avrebbe spinto giù dalla chiesa, ma poi, schiacciato dal rimorso, avrebbe deciso di erigere una statua in sua memoria.
Un’altra leggenda racconta che in realtà la statua raffiguri il figlio di un artigiano, che ha lavorato alla costruzione, che cadde accidentalmente dalla chiesa. Con il cuore straziato dal dolore, il padre del ragazzo avrebbe costruito la statua in memoria di suo figlio.

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Strada Sforii, Via della Corda

Brasov è anche la città che vanta una delle strade più strette del mondo, secondo il sito Huffington Post.
Strada Sforii, o la Via della Corda,  è stata costruita nel XV secolo, come via di emergenza per i vigili del fuoco. La strada è lunga 83 metri e misura solamente 110 cm, nella parte più angusta.

Per chi si vuole allontanare un po dal centro storico, fuori dalla cinta muraria, si può inoltrare nel quartiere Șcheii Brașovului, anticamente abitato solo dalla popolazione rumena, che non aveva accesso nella città sassone. Le case piccole, con giardini che si arrampicano sui pendii della montagna, contrastano con i palazzi stretti racchiusi tra i bastioni della città sassone.  La cinta muraria, con le porte, un tempo chiuse, segna il vecchio confine tra le due parti della città. Il quartiere è dominato dalla Chiesa di San Nicola, fondata nel 1292, inizialmente in legno,  poi ricostruita in pietra a partire da 1495, in stile gotico,  e successivamente ampliata in stile barocco. La collezione di icone del 1500 rende questa chichiesa san nicola2esa un vero tempio ortodosso, molto importante in una zona dominata dai sassoni protestanti.  Non a caso proprio nella corte della chiesa fu edificata la prima scuola rumena di Brasov, nel 1583, e la prima stamperia di libri rumeni. Per chi sentisse un po’ di nostalgia delle atmosfere cupe e lugubri, dei film di Coppola, si può avventurare nella visita del cimitero adiacente alla chiesa, aperto a tutti,  anche di notte, dove può camminare tra le tombe ricoperte di fiori, crocifissi in marmo e fantasmi inquieti.

Se alla fine di questo viaggio sentirete comunque la nostalgia del conte Dracula, non vi rimane che andare alla sua ricerca nel Castello di Bran, dove però, sappiate che probabilmente fu solo di passaggio, proprio come lo sarete voi!





Un lago vulcanico e tante leggende

L’unico lago vulcanico della Romania si trova nella Transilvania Orientale (vicino alle Terme Tușnad), a quasi 1000 mt altitudine. Ha un nome di donna, Sfânta Ana, Sant’Anna, acqua pura quasi quanto la distillata (o,0029ml di contenuto minerale),  si alimenta solo da precipitazioni e non cambia mai la profondità, che rimane costantemente intorno ai 7 metri. Secondo le ultime ricerche, il lago si sarebbe formato 42 mila anni fa, nel cratere del vulcano Ciomatu, dopo la sua ultima eruzione, su una superficie di 20 ettari.
Il vulcanismo nei Monti Carpați è più antico di quello dell’Appennino italiano, e la sua attività è oggi cessata. Le forme ben conservate di vulcani a cratere, come quello in cui si è formato il lago di Sfânta Anna, sono piuttosto rare.lago ana
I laghi vulcanici esercitano un fascino particolare, non solo per la loro travagliata genesi, ma anche per le loro forme singolari, circondate da paesaggi unici. Il lago di Sfânta Ana ha una conformazione ovoidale, come quella della tavolozza di un pittore. Lo scenario naturale circostante, con foreste verdi di pini, radure colme di fiori, boschi fitti, ricchi di vegetazione e… orsi (pacifici) a passeggio, con l’acqua del lago cangiante da smeraldo a turchese, seguendo la posizione delle nuvole… sembra veramente che sia frutto del pennello di un pittore.
D’lago invernoinverno, il paesaggio è ancora più suggestivo e il lago diventa un’enorme pista da pattinaggio, per i pochi coraggiosi che si avventurano fin qui. 
La storia di questo lago vulcanico unico ha dato nascita a tante leggende che raccontano di fenomeni misteriosi, delle proprietà miracolose dell’acqua, dell’energia speciale emanata dalle rocce vulcaniche,  dei pagani che pregavano qui in tempi remoti o delle fate che una volta regnavano su tutta la terra e sul lago.
Sulle origini del nome Sfânta Ana ci sono varie ipotesi. Una narra di una ragazza, di nome Ana, promessa sposa di un ricco giovane scelto dai genitori, di cui però non era innamorata. La sera stessa delle nozze si gettò nelle acque del lago. Il suo corpo non fu mai ritrovato. La gente del posto diede il suo nome al lago maledetto. Un’altra leggenda parla di un tiranno che un giorno costrinse 13 ragazze del paese a trainare la sua carrozza d’oro e cominciò a frustarle quando si stancavano. Una di loro, Asfanta anana, esausta e furibonda, con la schiena sanguinante, invocò una maledizione: che la terra inghiottisse tutto intorno.  Dio esaudì la sua preghiera e fece crollare la montagna. Dalle lacrime di dolore delle ragazze nacque un lago con l’acqua sempre pura.
Non sono pochi quelli che vengono qui ad immergersi nelle acque del lago, convinti della remissione dei peccati. Le donne vengono in pellegrinaggio con la speranza che l’energia del posto e la purezza del lago le doni la fertilità, chiedendo aiuto anche a Sant’Anna, protettrice delle madri e delle partorienti.
Gli abitanti del luogo fanno le previsioni del tempo in base all’odore che emanano le fessure nelle rocce.
grottaSe le emanazioni sono pungenti, pioverà, altrimenti sarà bel tempo. Poco importa che il fenomeno abbia una spiegazione scientifica: si tratta di un residuo di attività post-vulcanica, sensibile ad ogni cambio di pressione atmosferica. Quando questa scende, i gas come il diossido di carbonio e lo zolfo salgono in superficie ed escono dalle fessure delle rocce. La gente è convinta che l’attendibilità delle previsioni (fino a 4 giorni prima) sia garantita dal mistero e non dalla scienza.
Nei pressi del lago si trova un dirupo chiamato il Cimitero degli uccelli,  nel posto in cui in passato c’era una cava di zolfo. A causa dei gas sprigionati nell’aria, tutti gli uccelli che lo sorvcimitero uccelliolano trovano spesso la propria morte. Superato il Cimitero degli uccelli ci si avvicina alla Grotta Sulfurea, che in un solo giorno emana la più elevata quantità di emissioni fredde di anidride carbonica di tutta l’Europa e proprio per la sua concentrazione ha proprietà curative soprattutto per le malattie polmonari.
Non lontano, si può visitare la Riserva Naturale di Mohoș, affascinante e inquietante, con la sua grande palude, formata nell’altro cratere del vulcano Ciomatu.
La visita è possibile solo se accompagnati da una guida, perché si deve percorre un sentiero galleggiante, formato da tavole di legno posizionate sulla superficie coperta di muschio e anche un solo passo sbagliato potrebbe essere pericoloso. Nella palude crescono delle piante carnivore.
riserva mohosMigliaia di turisti scelgono ogni anno questo percorso sia per vivere un’avventura degna da Indiana Jones, tra paludi, grotte abbandonate e sorgenti bollenti che sgorgano inaspettatamente dal sottosuolo, sia per rilassarsi passeggiando a piedi o in bici.
Per pregare c’è la piccola Cappella Cattolica di Sant’Anna (costruita nel XII secolo in legno, poi ricostruita in pietra), diventata un vero luogo di pellegrinaggio non solo per i credenti ma anche per chiunque cerchi la pace interiore.
chiesa sfanta ana



Emil Cioran e i videogames

Mi piace immaginare che Emil Cioran,  il grande filosofo rumeno scettico e nichilista, il cavaliere del malumore cosmico, avrebbe chiamato il suo amico di tutta una vita, Mircea Eliade, alle prese con la sua monumentale Storia delle Religioni, o l’altro grande amico, il drammaturgo Eugen Ionescu, impegnato nel suo Teatro dell’assurdo, per farsi due risate ciniche e per parlare di… videogiochi!  Questo dopo aver saputo che l’ultimo lanciato sul mercato si apriva con uno dei suoi più conosciuti aforismi:

Noi non abitiamo una nazione ma una lingua. Non bisogna commettere errori: la nostra lingua è la nostra madre patria.

Un dialogo surreale, senza dubbio, nel quale sarebbe spuntato forse anche il nome di Mark Twain, anche lui ignaro protagonista di un altro videogioco, nel 2014. “Sono in buona compagnia”, avrebbe detto Cioran, e forse avrebbe ricordato che lui non amava guardare nemmeno la Tv e che non ne aveva mai posseduta una! Infine sarebbe inevitabilmente sprofondato nella sua ineffabile nostalgia. 

metal gearIl videogioco Metal Gear Solid V: The Phantom Pain,  prodotto dal giapponese Hideo Kojima, è uscito nel settembre 2015 e fa parte della saga del Big Boss, l’eroe svegliato dal coma dopo 9 anni, in questa edizione distrutto, umiliato dalla guerra e dalla violenza. Il gioco è un viaggio surreale nella sua mente travagliata prima, dopo e durante il coma.

L’aforisma di Cioran introduce il tema più importante di questo videogioco. Si parla di una guerra che porta la perdita di identità, la cancellazione dell’uso della propria lingua, un vero e proprio dramma esistenziale.  Il protagonista,  con il suo inglese marcatamente est-europeo, ci fornisce indicazioni geografiche sulla terra che ha perso.

Non è un caso che i creatori del gioco abbiano scelto le parole di Emil Cioran, una vita la sua in cui la perdita di identità è centrale. Scrittore e filosofo rumeno, trasferitosi in Francia e divenuto uno dei più apprezzati scrittori in lingua francese del ‘900, ha smarrito la sua terra, lasciata nel 1937 per una borsa di studio a Parigi, per non rivederla mai più. E’ rimasto tutta la vitacioran studente apolide, non ha mai chiesto la cittadinanza francese e paradossalmente quella rumena gli è stata ritirata dal regime comunista dopo la sua “fuga”. A 31 anni era ancora un eterno dottorando e mangiava alla mensa universitaria. Viveva in una modesta pensione parigina pagata col supporto dell’amico Mircea Eliade, console in Portogallo all’epoca, che gli inviava pacchi di sigarette che Cioran vendeva di notte in qualche bar. Si narra che con una stecca di Camel riuscisse a pagare la pensione per un mese. 

Non è mai stato ricco, nemmeno quando era diventato uno scrittore di culto. Non amava i salotti né i premi letterari. In tutta la sua lunga attività ne accettò uno solo, nel 1950, il premio Rivarol,  per il suo libro di debutto in Francia, Sommario di decomposizione.

“Non si può accettare denaro per le cose terribili che dico“, ripeteva.

Non concedeva quasi mai interviste, non guardava la Tv, non leggeva i giornali.  Il filosofo nichilista, misantropo e pessimista si sentiva prigioniero di una metropoli intellettuale soffocante, fatta di cemento e ideologismi alla moda.  Quando Albert Camus gli aveva detto: “E’ ora che lei entri nella circolazione delle idee“, Cioran gli rispose: “Vai a farti fottere”. Amava Parigi solo perché, secondo lui,  era la città ideale per un fallito, l’unica città al mondo dove si può essere poveri senza averne vergogna, senza complicazioni, senza drammi.

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Emil Cioran nel suo appartamento a Parigi

E’ stato un teorico del suicidio senza averlo mai tentato. Quando, nel 1988, si diffuse la voce che l’avesse fatto, France presse, gli telefonò ed ottenne questa risposta:

La mia opera non è un’ apologia del suicidio, ma il suicidio è un’ idea benefica, un potere, una forma di libertà . La vita è sopportabile perché c’ è la possibilità di uccidersi

Il suo più grande dilemma interiore è rimasto per tutta la vita l’appartenenza ad una cultura minore, ad una lingua che nessuno conosceva. Ha vissuto l’esilio diviso tra rabbia e nostalgia, proclamando spesso la sua estraneità alla Romania, al “genio di un popolo irrealizzato” destinato “a vivere e morire per niente”. Nel 1939, mentre traduceva in romeno Mallarmé, decise che non sarebbe mai più rientrato in Romania e che avrebbe scritto solo in lingua francese:

Improvvisamente mi sono detto: “Che assurdità! A cosa serve tradurre Mallarmé in una lingua che nessuno conosce? Che cosa vuoi che faccia col mio romeno a Parigi? Avevo rotto con la Romania: non esisteva più per me (…) rappresentava solo il passato. Perché, allora, scrivere in romeno?

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Eugen Ionescu, Mircea Eliade e Emil CIoran a Parigi

Sembrerebbe che volesse a tutti i costi dimenticare il suo paese, tanto amato, tanto odiato, abbandonando anche la propria lingua. I suoi libri scritti in francese furono tradotti in rumeno solo dopo la caduta del regime comunista, nel 1989. In Romania, gli autori esiliati, come Mircea Eliade, Eugen Ionescu e Cioran furono messi al bando e rimasero proibiti per 50 anni!

Odiava in modo inesauribile il comunismo e odiava anche Jean Paul Sartre, che ne era l’apostolo parigino. Sedevano uno accanto all’altro al caffè Flore senza scambiarsi neanche una parola. Il suo odio era dettato non solo dalla consapevolezza che il regime comunista aveva mutilato la coscienza del suo popolo, ma soprattutto perché fu lo stesso regime che gli impedì,  per ben 32 anni,  di rivedere il fratello Aurel rimasto in Romania. Mentre Emil Cioran viveva il suo esilio parigino, il fratello veniva condannato a 7 anni di prigione e 8 di lavori forzati, per le sue scelte politiche. Emil sentiva ancora più profondamente l’affetto per la sua famiglia. Da Parigi inviava vestiario, cibi, libri e medicinali, di vario genere, accompagnati da consigli medico-farmaceutici.  Il fratello era come lui, un malinconico incline alla depressione, ma, paradossalmente, è proprio Emil, lo scettico, il re dei pessimisti per definizione, che lo spronava a non lasciarsi andare, a non arrendersi.  E’ stato sicuramente il legame così forte tra i due che ha impedito a Cioran di abbandonare e negare definitivamente le sue origini.

Emil CIoran con il fratello Aurel

Con l’avanzare dell’età, avvertirà sempre più forte il richiamo della propria terra di origine, percepirà istintivamente di essere più romeno di quanto lui stesso volesse o pensasse. Quel fatalismo che aveva attribuito più volte al popolo romeno in realtà gli apparteneva pienamente, come un marchio indelebile, diventato nel tempo l’essenza stessa della sua filosofia e dello scetticismo che ha caratterizzato tutta la sua opera.

“Il popolo romeno, curiosamente, è il popolo più fatalista del mondo. Quando ero giovane mi indignava quel ricorrere a concetti metafisici dubbi – come il destino, la fatalità per spiegare il mondo. Ed ecco che, ora, più invecchio più mi sento vicino alle mie origini. La lingua si vendica su di me, più invecchio e più spesso sogno in romeno. E non posso oppormi a questo” diceva, consapevole di non essere riuscito a “spogliarsi” completamente dell’ingombrante Romania.

La sua casa natale a Rasinari

Malato di Alzheimer, vive gli ultimi 5 anni  senza memoria, incapace di ricordare chi era e cosa aveva fatto nella vita. Negli ultimi giorni, un evento inatteso! Dopo 50 anni trascorsi nel tentativo di cancellare la sua lingua, improvvisamente comincia a parlare di nuovo in rumeno!
I medici hanno spiegato che il ritorno alla lingua materna fa parte del processo dell’oblio: lentamente la malattia ti “confisca” tutti i ricordi in ordine inverso finché,  alla fine,  rimani con la lingua materna e con i primi ricordi dell’infanzia.

Quando muore all’età di 84 anni, Emil Cioran è un bambino felice nel suo maledetto e splendido paese natale, Rășinari, il suo paradiso perduto.

Nota
Emil Cioran non è tornato in Romania nemmeno dopo la morte. E’ sepolto a Parigi, al cimitero degli artisti di Montparnasse.

La tomba di Emil Cioran a Montparnasse