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Oh Mare Nero, Oh Mare Nero, Mare Ne…

Quando ho sentito per la prima volta La canzone del sole, di Lucio Battisti, ero convinta che parlasse del mio Mar Nero,  l’unico mare che avevo visto fino ai 25 anni e dove ho trascorso tante vacanze, in colonia, da piccola (come era da tradizione nei paesi comunisti degli anni ’70 e ’80), e poi con gli amici di università, a sognare, negli anni bui della dittatura,  mari lontani e spiagge irraggiungibili.

Poi, ho letto un’intervista a Mogol, in cui raccontava che aveva scritto il testo della canzone ripensando ad una vacanza estiva trascorsa da bambino, a Silvi Marina (in Abruzzo), e ad una ragazza che conobbe lì, chiamata Titty. In realtà, il Mar Nero era solamente una metafora dei sentimenti che inquinano i ricordi innocenti dell’infanzia, chiari e trasparenti, come non potrebbe mai essere un Mare Nero, che gli antichi greci avevano inizialmente battezzato Pontus Axeinus, ovvero mare inospitale.mar nero inverno Dopo che l’area divenne familiare e che lungo le coste si stabilirono i primi insediamenti, il nome fu cambiato in Pontus Euxinus, che significa mare ospitale. Quando i turchi presero il controllo delle terre che si affacciano sulle sue coste meridionali, a causa delle forti mareggiate,  ribattezzarono il mare con un nome che, ancora una volta, ne esprimeva il carattere poco accogliente: Karadeniz, che vuol dire appunto Mar Nero.

Per quanto riguarda il nome, c’è anche un’altra teoria secondo la quale anticamente i colori erano usati per indicare i punti cardinali: il nero era riferito al nord, il rosso al sud e il giallo all’est. Un’ipotesi originata dal fatto che Erodoto utilizzava indistintamente le denominazioni di Mar Rosso e Mare del Sud.

La storia del litorale lungo il Mar Nero inizia con l’arrivo dei commerciantropaeum traianiti greci, quasi 2.700 anni fa, che costruirono la prima città, la fiorente Histria e poi le città Tomis (attualmente Constanța) e Callatis (attualmente Mangalia).  Dopo i greci fu il turno dei romani che vi costruirono strade, mura di difesa. Dopo la vittoria di Traiano contro i Daci, Apollodoro di Damasco costruì un monumento chiamato Tropaeum Traiani, fratello della Colonna Traiana a Roma,  che si trova sul territorio del comune di Adamclisi, vicino Constanța.

Nel Medio Evo arrivarono i genovesi (nel centro storico di Constanța è possibile notare una lanterna genovese) e poi altri e altri popoli che hanno lasciato delle testimonianze un po’ ovunque,  dalle romantiche sponde del lago Sinoe agli scavi della città Histria, dalla ‘faleza’ che ricorda le promenade di carattere spagnolo, alle costruzioni che riportano all’art déco o lo stile liberty.

statua ovidioL’antico porto Tomis, sulle quali vestigia è stata eretta la città porto Constanța, è legato indissolubilmente al destino del poeta latino Ovidio Publio Nasone, che fu mandato in esilio, nell’8 d.c., dall’imperatore Augusto. Ovidio sia esiliato immediatamente a Tomi, sul Mar Nero, senza famiglia, senza le cose a lui più care, suonava così il decreto e Ovidio fu costretto a sparire verso i confini del mondo di allora. Finirà la sua vita a Tomis,  in un paese freddo e sconosciuto, circondato da barbari dalla lingua incomprensibile. La pioggia non può disperdere e la luce non può scaldare questa neve. Qui si ammassa uno strato dopo l’altro…Il vento del nord la indurisce e la rende eterna; gli strati si accumulano nel corso di tutto l’amaro anno, scriveva il poeta nella suo opera Tristia. 

Oggi, in Romania,  il poeta Ovidio si trova un po’ dovunque: nel vino più noto, Lacrima di Ovidio, prodotto dall’uva della costa del Mar Nero, nei molti nomi, modificati in Ovidiu, e nella piazza dove si trova la magnifica statua del poeta latino, nel vecchio quartiere di Costanța,  davanti al Museo di Archeologia e vicino alla Grande Moschea,  che dà la sensazione di stare al limite dell’Europa.

porto constantaConstanța (che deve il suo nome all’imperatore Costantino) rispecchia per un certo aspetto la stessa storia della Romania: nata culturalmente con i greci è esplosa commercialmente sotto gli interessi dell’impero romano. La città e il suo porto hanno vissuto nel modo più traumatico la caduta dell’impero, subendo ondate di paurose invasioni barbariche e poi, dopo una dominazione bizantina breve, ma significativa sotto l’aspetto culturale e artistico, seguì un lunghissimo dominio turco, che portò stabilità, ma mise la città sotto un durissimo gioco di dipendenza dai sultani della mezzaluna. Oggi Constanța è uno dei porti più moderni e funzionali dell’area baltica, il motore di gran parte dell’economia del paese. Dopo due millenni  sembra aver imparato sulla propria pelle una delle lezioni della storia: e cioè che quando si è in una posizione strategica, tanto invidiabile, nel cuore del Mar Nero, attraente per le potenze mondiale di ogni epoca, si vive sul filo del rasoio, nei difficili equilibri storici e politici, che solo negli ultimi decenni sembrano aver trovato una logica e meno tensione.

museo archeologiaCome tutte le città di mare di grande tradizione Costanța vanta uno splendido Acquario, il più bello del Mar Nero, uno dei più grandi d’Europa, un Centro di studi biologici marini che raccoglie oltre 4500 specie animali e vegetali oltre ad attrattive tipiche delle vecchie località balneari, compreso un Delfinario, un bel porto turistico, un Casinò in stile liberty e una scuola di vela tra le più antiche del mondo.

Il resto della città si perde nelle sue molteplici influenze tra moschee erette nel periodo di dominazione turca,  come la grandissima Mahmudye Mosque, dove ogni giorno risuonano le preghiere dei Muslims, la versione rumena dei muezzin arabi.moschea constanta Città di grande espressione artistica e di enorme cultura, Constanța ospita numerosi musei che riportano alle tradizioni e alle culture più antiche di cui i rumeni sono orgogliosissimi: non sarà difficile ammirare le vestigia greche, romane e bizantine conservate con estrema cura e attenzione in una tradizione archeologica che in questo paese è seguita con particolare attenzione.
Bello anche il Museo della Marina militare rumena che a Constanța ovviamente vanta la sua scuola navale e uno dei suoi capisaldi più antichi: modellini di nave greche e romane e navi da guerra risalenti alle due guerre mondiali sono conservate in condizioni perfette.
Il litorale rumeno offre non solo posti di un certo spessore culturale e storico, ma anche località turistiche alla moda, incluse nel circuito internazionale, come Mamaia, la più rinomata e frequentata, chiamata anche l’Ibiza dell’Est, per la sua movida, con tante discoteche e locali notturni, concerti con star internazionali, il Casinò, decine di ristoranti e bar aperti fino a tardi, a prezzi molto accessibili. In più, gli amanti di sport acquatici, possono praticare sul vicino lago Siutghiol, windsurf e  yachting. Aggiungendo a tutto quanto detto sopra una cucina saporita e dei vini premiati a concorsi internazionali, il mix delle tradizioni e costumi dei romeni, turchi, tartari e i greci che ci convivono da secoli, possiamo tracciare i requisiti di una possibile vacanza ideale, sul Mar Nero.

Quasi 1 milione di italiani scelgono ogni anno questa meta, per ragioni diverse, quanto diverso è anche il litorale rumeno, con i suoi 244 km di spiaggia. Chi sa se tra loro c’è qualcuno che sarà stato “ingannato” dalla Canzone del sole… spiaggia mamaia

mamaia acquapark




“Soarele e unul, mama una este”

Gândul că va veni o zi,  în modul cel mai neașteptat și crunt, sau poate, dimpotrivă,  lent și dureros, în care nu voi mai fi copilul cuiva și nu voi mai avea unde să alerg,  să mă adăpostesc, într-o îmbrățișare învăluitoare,  care să mă apere de lume, gândul că va veni o zi, pentru care nu voi fi niciodată pregătită, în care nimeni nu va mai avea grijă de mine și nu mă va iubi,  total și necondiționat, nimeni nu va intra, în noapte,  și nu se va trezi,  în zori, întrebându-se dacă mi-e bine, acolo unde sunt, gândul că nu mă voi mai simți un copil iubit și protejat și voi fi doar o mamă grijulie, orfană de iubirea părinților… gândul acesta mă macină, mă înspăimântă, mă copleșește.

grigorescuDe fiecare dată când o văd pe mama, mi-o amintesc într-o toamnă îndepărtată,  în care a încetat,  brusc,  să mai fie copilul cuiva, în ziua în care a murit bunicul și în noaptea în care bunica i-a devenit, pintr-o cinică ironie a sorții, copil. Știu că se spune că, cine supraviețuiește unui accident vascular, se naște pentru a doua oară. O văd pe bunica agățată de brațul mamei mele, făcând pași mici, tremurători și temători, în jurul mesei, aceeași la care se așeza și mama o învăța să citească, să-și scrie numele, cu mîinile obosite și noduroase. Îi scria literele, una câte una, pe care bunica le repeta, cu voce stinsă, în mod greoi și indescifrabil. Timp de zece ani, bunica a rămas copil, iar mama a îmbătrânit lângă ea.  Atunci când le vedeam așezate la masă, deasupra unei foi cu litere scrise mare, de tipar, mă gândeam că imaginea aceasta ar putea fipietro annigoni o splendidă și dureroasă metaforă a unui cerc al vieții care se închide, cu iubire primită, iubire dăruită…

În astfel de momente, mă simt vinovată pentru tot timpul pe care l-am irosit, copleșită de prea multa iubire a mamei mele și a tatălui meu, judecând, criticând, ascunzând, spunând jumătăți de adevăruri sau minciuni, reproșând timpul în care nu erau lângă mine,  dar și cel în care prezența lor era sufocantă, învinuind pentru decizii luate în numele meu, pentru eșecuri, pentru vise abandonate…

Pe nimeni nu chinuim atât de mult așa cum o facem cu părinții noștri, iar ei continuă să ne iubească și să ne ierte. Uneori ne răzbunăm, infantil și inutil, ca atunci când eram mici și ne spuneau să facem un lucru,  iar noi făceam tocmai pe dos. Adolescenți fiind,  descoperim că,  făcând pe dos,  îi supărăm și, în mintea noastră imatură,  îi pedepsim, așa că facem tocmai ceea ce știm că nu vor să facem, ne îndrăgostim de cei care suntem siguri că nu le sunt pe plac, suntem îndărătnici și stăruim în greșeli, vrem să stăm cât mai departe de ei, dar ne întoarcem mereu acasă, suntem rebeli și nestăpâniți.picasso madre e hijo Vom înțelege, mai devreme sau mai târziu, că singura formă de rebeliune,  care nu poate duce la schimbarea unei ordini existente, este cea împotriva părinților noștri, pentru că iubirea lor e rezistentă, e invincibilă, e invulnerabilă, chiar dacă noi ne încăpățânăm să fim,  pentru ei,  un fel de călcăi al lui Ahile, punctul care îi face să se simtă fragili și imperfecți. Noi îi vrem perfecți, de fapt, îi vrem doar altfel, sau ca părinții altora, și nu înțelegem că ceea ce îi face să fie unici e tocmai iubirea imensă cu care ne înconjoară, ne sufocă, ne protejează.

Apoi, devenim noi înșine părinți. Ne dăm seama că am fost, adesea, niște copii greu de îmblânzit și de mulțumit, că am fost, de multe ori, nemiloși și nedrepți,  dar credem că am învățat din propriile greșeli și din cele ale părinților noștri și că noi vom fi niște părinți perfecți,  sau mai buni. Creștem și noi, odată cu copiii noștri, și începem să înțelegem că e al naibii de greu să fii părinte, că există puține reguli scrise si o infinitate nescrise, că nu e întodeauna suficient să fii bună cu copilul tău,  ca să fii considerată o mamă bună, că nu e atât de simplu pe cât ni se părea nouă, atunci renoircând eram copii, să fii autoritar, ferm, intransigent și deopotrivă, blând, tandru, răbdător și iertător. Ca părinți, facem greșeli, în care stăruim, uneori, așa cum o făceam, copii, dar e rândul nostru să fim judecați, criticați, “pedepsiți”, de proprii noștri copii,  care ne reproșează că suntem prea prezenți sau prea absenți, că suntem prea autoritari sau prea democratici, că îi sufocăm cu dovezile de iubire sau că suntem prea reci, că suntem nedrepți și incapabili să-i înțelegem, să le descifrăm mintea și sufletul prea întortocheate.

Nu există un secret miraculos al echilibrului dintre părinți și copii, așa cum nu există reguli care să ne garanteze că vom fi părinți perfecți. Facem greșeli din prea multă iubire, așa cum iertăm din prea multă iubire. Repetăm același erori pe care le-au făcut părinții noștri,  pentru că iubim așa cum au făcut-o ei, total și necondiționat. Atunci când ne dăm seama de asta, înțelegem,  în sfârșit, că au fost părinți buni, pentru că ne-au învățat singurul lucru care contează cu adevărat, și anume, să iubim.

tonitzaBăiatul meu e vădit stânjenit,  când îl sărut pe obraji, în fața școlii, înainte de a intra în clasă, așa că sunt nevoită să-i dau un pupic grăbit, din mers, și să-i spun, șoptit, ti voglio bene. Prefer să-și amintească, peste ani,  că se simțea stingherit de o mamă excesiv de tandră,  dar că era iubit.

Până atunci, însă, în fiecare an, de Ziua Mamei ( care se sărbătorește, în Italia,  a doua duminică din luna mai) îi place să-și amintească niște versuri dintr-un cântecel pe care i-l cântam mereu, atunci când îl adormeam: Mama coace pâine, soare în ferestre, soarele e unul, mama una este!

Textul acesta l-am scris gândindu-mă la toate mamele, cunoscute și necunoscute, care iubesc și iartă în fiecare clipă a vieții lor.

 




Il Delta del Danubio, un paradiso naturale unico al mondo

Il Danubio, il fiume dei re e il re dei fiumi,  il secondo più lungo d’Europa (dopo il Volga),  ha affascinato da sempre perché nessun altro fiume, nella sua lunga corsa verso il mare, attraversa un così gran numero di paesi e nessuno ha raccontato sulle sue sponde tante storie di re e regine, di imperi e di guerre.
Nell’immaginario collettivo è “il Danubio Blu”, reso celebre dal valzer di Strauss, per la predominanza azzurra delle sue acque nella zona austriaca.

Nei suoi 2.888 chilometri, dalla sorgente (nei monti Foresta Nera) alla foce (nel Mar Nero), passa attraverso tante frontiere, non soltanto nazionali, politiche, sociali, ma anche culturali, psicologiche e religiose. Sono dieci i paesi che ospitano il corso del fiume:  Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Ungheria, Croazia, Serbia, Romania, Moldavia, Bulgaria e Ucraina. Tutta la storia mitteleuropea ha avuto come sfondo il Danubio, rendendo questa regione, come ha scritto Claudio Magris, una specie di Babele del mondo odierno che certamente ha nella Mitteleuropa un suo simbolo particolare, ma è una Babele del mondo intero. L’impero austro-ungarico, con i suoi 1300km lungo il fiume, era denominato anche come” monarchia del Danubio”.

danubio2Il viaggio che segue il corso del fiume è meraviglioso, mai lineare o banale, con i suoi paesaggi variegati, così diversi tra loro, a volte dolci e accoglienti, a volte quasi avvolti da un’aurea mistica, con i borghi fortificati, i monasteri imponenti e i palazzi sontuosi, i villaggi di pescatori, i battelli, che percorrono il fiume senza sosta.  Verso la foce, nel Mar Nero, le acque del Danubio si confondono con la terra, col cielo e infine col mare, in un passaggio graduale, pieno di vegetazione, di animali e di riflessi. Persino questo suo finire nel mare ha qualcosa di misterioso,  è un “incessante finire, per citare ancora  Magris.

I viaggiatori che (in)seguono il fiume arrivano, alla fine,  in Romania, a Tulcea (la capitale della provincia, una città vecchia quasi quanto Roma, fondata dai Greci di Mileto), una vera città di frontiera,  il cui cimitero accoglie epitaffi di cinque religioni e di ancor più nazionalità, visto che in questo luogo,  durante i secoli, giundero uomini da ogni parte d’Europa. Da tutta l’Europa arrivano anche le acque che formano il Danubio fino a sparire nel Mar Nero,  con un estesissimo delta, unico al mondo, che si trova nella regione chiamata Dobrogea. Nei pressi di Tulcea,  il Danubio si divide in tre rami, prima di sfociare nel Mar Nero: Chilia,  Sulina, che delimita il confine tra Romania e Ucraina e  Sfântu Gheorghe.

Il Delta del Danubio, considerato un vero paradiso naturale, gode di un triplo stato di protezione internazionale: Riserva della Biosfera, designata a livello internazionale dal Comitato UNESCO “Uomo e Biosfera” (grazie anche all’opera del famoso esploratore subacqueo francese Jacques Cousteau), Zona Umida di importanza internazionale, designata dal Segretariato della Convenzione Ramsar e Sito del Patrimonio Naturale UNESCO.

delta forestaCon un’area di 3446 chilometri quadrati è il più esteso e meglio conservato dei delta europei.  Si tratta di una delle più giovani terre d’Europa poiché cominciò a formarsi circa seimila anni fa e continua ad espandersi verso il mare, avanzando di circa 40 metri all’anno. Il delta ha una superficie composta da paludi, acquitrini, dune emergenti, cordoni sabbiosi di origine fluviale e marittima, piccoli laghi, canali e isole. L’80% del delta si trova in territorio romeno, l’altra parte,  in Ucraina.  Nel delta del Danubio trova posto il 98% della fauna acquatica d’Europa, oltre 3.400 specie, molte delle quali uniche al mondo. Ci sono decine di specie di mammiferi, 300 specie di uccelli, sette di rettili, otto di anfibi, più di 160 specie di pesci.

pascatori2La terraferma è coperta da boschi di pioppi, querce, salici, meli e peri selvatici, ma anche da vite selvatica e liane (Letea, ad esempio, grazie alle sue liane ha l’aspetto di una foresta tropicale), mentre gli isolotti galleggianti sono costituiti da un intreccio di rizomi, radici di piante acquatiche e terra. La flora acquatica è dominata dalla ninfea bianca, ninfea gialla e vari tipi di canne che formano l’habitat ideale per le varie specie di uccelli autoctoni o di passaggio: cormorani, anatre e oche selvatiche, aironi, ecc. Tra le specie di maggior valore si trovano le grandi colonie di pellicani bianchi, il 70% della popolazione mondiale. Il grande pregio di quest’area è l’estrema facilità con la quale si possono ammirare specie di mammiferi come: lo Sciacallo dorato, la Lontra, il Cane procione, il Tasso, la martora e soprattutto il Gatto selvatico! Nelle acque hanno trovato casa gli storioni, la carpa, il pesce gatto, il luccio, la luccioperca, la murena e tante altre specie di pesci che fanno del Delta del Danubio un paradiso per i pescatori.ninfea2 In tutto,  esistono 187 zone strettamente protette, al fine di preservare il processo naturale di evoluzione della fauna e della flora. Proprio questa ricchissima varietà ha determinato il grande interesse da parte dell’Unesco verso la più grande riserva della biosfera dell’Europa, un polmone naturale di cui il nostro pianeta, sempre più inquinato,  ha sempre più bisogno.

Per coloro che amano la natura,  un viaggio esplorativo, un safari,  con una barca, tra il dedalo di insenature e canali serpeggianti, tra canneti e laghi salmastri, grandi aree di steppa e dune fluviali,  in un ambiente che ha conservato le sue profonde origini rurali, potrebbe essere un’esperienza unica e indimenticabile. Si può pescare, degustare vini, assaporare i piatti preparati dai pescatori del posto, praticare birdwatching (Il Delta è considerato, dagli amatori di questo hobby,  il postuccelli deltao migliore d’Europa), ammirare una colonia di pellicani, passeggiare per le macchie, fare una crociera romantica al tramonto, sentirvi parte della natura incontaminata, lontani dalla pazza folla. Per gli amanti di arte e storia, ci sono i siti archeologici di Hamiris, Capidava ed Histria, quest’ultimo considerato il punto chiave per la scoperta, da parte del mondo archeologico tedesco, dell’antichità greca e romana di questa zona.

Dobrogea, l’ultima regione romena ad esser stata liberata dalla dpescatoreominazione ottomana alla fine dell’ottocento,  conserva intatto l’infinito passaggio di popoli e culture che ne ha contraddistinto la storia: i discendenti di antichi popoli come i Lipoveni, i pescatori dalle lunghe barbe profetiche,  giunti nel settecento dalla Russia zarista abbandonata per motivi religiosi;  i greci del Ponto che, dall’antica Trebisonda,  si sparpagliarono lungo le sponde del Mar Nero,  arrivando sino alla zona del delta; i Friulani emigrati alla metà dell’ottocento e sopravvissuti oggi in piccoli paesini come quello di Greci, dove la maggioranza degli abitanti parla l’italiano (o meglio, il friulano).

Possiamo concludere il nostro viaggio proprio qui, in mezzo agli italiani di Greci, che vi racconteranno la loro storia (quasi centenaria), tormentata e tortuosa, proprio come le acque del fiume Danubio. italieni greci




L’elisir della giovinezza

C’era una volta un luogo in cui si andava alla ricerca dell’elisir della giovinezza. Non parlo dell’Etiopia, dove, per gli antichi greci, si sarebbe trovata la fonte della lunga vita, né delle terre oscure dell’Abkhazia, il posto in cui,  ai tempi di Alessandro Magno,  pare fosse stata scoperta l’Acqua della vita, né del Santo Graal, ricercato da Re Artù e dai suoi Cavalieri perché considerato donatore di vita eterna e guaritore di ferite.

Parlo piuttosto di tempi molto più moderni quando, abbandonato il miraggio di un luogo mitico che nascondesse elisir o fonti miracolose, si è cercato di capire se fosse possibile combattere l’invecchiamento per via farmacologica.

Dal 1950 cominciò un singolare pellegrinaggio verso un piccolo paese comunista di cui si sapeva poco o niente ma che diventò, in breve tempo, una delle mete più ricercate tra coloro che sognavano di fermare il tempo. Parlo di Bucarest, in Romania, dove nel 1952, fu fondato il primo Istituto di Geriatria del mondo, dalla professoressa Ana Aslan, con l’intento di dimostrare che la vecchiaia poteva essere curata, come qualsiasi altra malattia.gerovital

Fu lei ad introdurre il concetto di profilassi della vecchiaia, spiegato poi al mondo interoLa domanda che dobbiamo fare non è più “quanto viviamo”, ma “come viviamo”. Il prolungamento della vita in sé non significa nulla, anche se è auspicabile. Dobbiamo prolungare non solo la vita, ma anche la vitalità e l’attività. C’è un principio in base al quale dobbiamo aggiungere non anni alla vita, bensì vita agli anni. Dovete capire che l’invecchiamento non si può combattere solo con delle pillole o delle iniezioni. E’ una battaglia che va iniziata fin dalla nascita. Ideale sarebbe vivere come degli immortali, ma nel contempo lavorare come se ci fosse l’ultimo giorno della nostra vita.

Molti personaggi famosi sono stati affascinati dall’idea, così innovativa all’epoca, di prevenire l’invecchiamento  e sono diventati i pazienti di lusso dell’Istituto Internazionale di Geriatria di Bucarest: Salvador Dalì, Charlie Chaplin, Kirk Douglas, Pablo Neruda, Aristotele Onassis, Jacqueline Kennedy, Indira Gandhi, Marlene Dietrich, Charles de Gaulle, Lilian Gish, il generale Tito, per citare solo alcuni  nomi illustri tra altri milioni di pazienti di tutto il mondo si sono sottoposti alle cure della dottoressa Aslan.

Tutto ebbe inizio nel 1949,anaaslan2 quando Ana Aslan cominciò a sperimentare gli effetti della procaina, un noto anestetico locale, sul reumatismo, nel caso di un giovane malato di artrosi. Dopo due anni, Ana Aslan avviò un esperimento di lunga durata sugli animali, associato a uno studio clinico su 25 pazienti anziani, basato sulla procaina iniettabile. Tra gli esempi più eclatanti a sostegno dell’efficacia del trattamento c’è quello di un paziente di 110 anni che, dopo quattro anni di cure, riuscì ad arrestare il tremolio di mani e testa riuscendo a camminare nuovamente da solo. La depressione era sostituita da uno stato psichico buono e il pigmento dei capelli bianchi era in rifacimento.

L’esperimento si dimostrò un successo diminuendo i dolori, aumentando la mobilità e procurando degli effetti inaspettati che migliorarono, oltre allo stato fisico dei pazienti, anche quelloGH3 mentale.

Ana Aslan era un ricercatore scientifico troppo esperto per ignorare tali fenomeni e immediatamente avviò un programma di controllo per studiare gli “effetti collaterali” della procaina non solo sulle arterie, ma anche sui tessuti cellulari e sul cervello e verificarne dosi ed associazioni possibili. Scoprii che c’era una azione specifica per le malattie circolatorie e articolari e un effetto di attivazione cerebrale che influenzava positivamente l’intero organismo.

Creò un farmaco chiamato Gerovital, GH 3, che presentò, per la prima volta, nel 1957, a Verona, durante il Congresso Mondiale di Geriatria. Fu l’inizio di un’epoca. Gli effetti miracolosi della procaina vennero conosciuti in tutto i mondo e la leggenda di Bucarest, fonte di giovinezza, ebbe inizio. L’interesse per la cura miracolosa fu talmente grande che lo stato rumeno decise di allargare la struttura dell’Istituto di Geriatria per poter ospitare le milioni di persone che correvano in Romania con la speranza di rallentare il tempo e i suoi segni.

In un’intervista, la professoressa Aslan ha spiegato la sua passione per la geriatria e la sua decisione di cambiare carriera, a 50 anni, di rinunciare alla cardiologia e dedicarsi alla “prevenzione” della vecchiaia.

Mi hanno sempre impressionato gli anziani, forse perché mio padre era di 20 anni più grande di mia madre, e io ero l’ultima figlia. Quando sono diventata medico e lavoravo nella chirurgia, mi ha impressionato quanto detto da un professore ad un anziano: “Io ho fatto il possibile. Che ti aiuti Dio.” Sono contraria all’idea che l’uomo si debba abituare alla malattia e alla morte. Ma se non credessi che la morte fosse un’ingiustizia, dovrei anche credere che la vita sia un’ingiustizia. Ma la vita è una realtà. Voi conoscete la vecchiaia in degrado, io so però che è possibile una vecchiaia bella, senza degrado fisico. 

anaaslanLa sua battaglia contro l’invecchiamento, a cui ha dedicato più di quarant’anni, è stata ardua, fin dall’inizio. Ha dovuto combattere con i pregiudizi, in un’epoca in cui si credeva che la donna non potesse essere pari all’uomo,  con l’inerzia, con lo spirito conservatore, con la burocrazia di un paese comunista, che ha ceduto il passo alla scienza solo dopo aver capito che, grazie alla terapia Gerovital, poteva incassare annualmente, più di 15 milioni di lei (cifra più che consistente anche rapportata a oggi)!  Ana Aslan ha dovuto affrontare anche le perplessità del mondo medico internazionale, diviso sull’efficacia del preparato GH3.  Una parte della comunità scientifica ha avanzato dei dubbi e ha “accusato” il preparato della Aslan di avere solo un effetto placebo, suggestivo. Altri ricercatori e molti medici testimoniano invece l’efficacia del preparato: una capacità, almeno temporanea, di rivitalizzare l’organismo e migliorare notevolmente alcune funzioni. Il gerontologo italiano Argiuna Mazzotti, che aveva seguito un corso  per l’ utilizzazione del Gerovital, sosteneva che i risultati sul piano del miglioramento delle condizioni soggettive, del comportamento e dell’umore erano più che ottimi.

ana2Fino a che è stata in vita, la stessa Aslan era essa stessa una efficace “propagandista” delle virtù del suo Gerovital: a novant’anni era vivace, giovanile, energica. In un’intervista confessava che non avrebbe potuto lavorare tanto, viaggiare in tutto il mondo, tenere conferenze, rispondere a tante domande e visitare centinaia di migliaia di malati, se non si fosse sottoposta per 22 anni al trattamento Gerovital e Aslavital, il nuovo prodotto creato nel 1980.

Durante la sua attività medica e scientifica le sono stati conferiti l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana,  il titolo di Cavaliere dell’Ordine Palmes Académiques, in Francia,  la Laurea Honoris Causa e il titolo di dottore emerito dell’Università di Bragança Paulista del Brasile, il titolo di membro dell’Accademia delle Scienze di New York.

Gerovital è un prodotto geriatrico che ha ottenuto il brevetto in 30 paesi ed è diventato uno dei brand rumeni più conosciuti nel mondo.

linea gerovitalNel 1967, fu realizzato il primo prodotto di bellezza anti-invecchiamento, Gerovital H3, in una fabbrica di cosmetici di Cluj Napoca, in Transilvania,  alla quale la professoressa Aslan aveva affidato la sua ricetta e che oggi ha l’esclusiva sui prodotti Gerovital.

Ana Aslan è morta nel 1988, a 91 ani, dopo una lunga vita dedicata alla ricerca. Non si è mai sposata e non ha avuto figli. Gli ultimi anni di vita li ha trascorsi in un appartamento allestito all’interno dell’Istituto di Geriatria,  che oggi porta il suo nome, convinta fino alla fine che gli esseri umani possano vivere fino a 120-130 anni e cercando di migliorare il suo segreto di eterna giovinezza.insitutut2