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Il Delta del Danubio, un paradiso naturale unico al mondo

Il Danubio, il fiume dei re e il re dei fiumi,  il secondo più lungo d’Europa (dopo il Volga),  ha affascinato da sempre perché nessun altro fiume, nella sua lunga corsa verso il mare, attraversa un così gran numero di paesi e nessuno ha raccontato sulle sue sponde tante storie di re e regine, di imperi e di guerre.
Nell’immaginario collettivo è “il Danubio Blu”, reso celebre dal valzer di Strauss, per la predominanza azzurra delle sue acque nella zona austriaca.

Nei suoi 2.888 chilometri, dalla sorgente (nei monti Foresta Nera) alla foce (nel Mar Nero), passa attraverso tante frontiere, non soltanto nazionali, politiche, sociali, ma anche culturali, psicologiche e religiose. Sono dieci i paesi che ospitano il corso del fiume:  Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Ungheria, Croazia, Serbia, Romania, Moldavia, Bulgaria e Ucraina. Tutta la storia mitteleuropea ha avuto come sfondo il Danubio, rendendo questa regione, come ha scritto Claudio Magris, una specie di Babele del mondo odierno che certamente ha nella Mitteleuropa un suo simbolo particolare, ma è una Babele del mondo intero. L’impero austro-ungarico, con i suoi 1300km lungo il fiume, era denominato anche come” monarchia del Danubio”.

danubio2Il viaggio che segue il corso del fiume è meraviglioso, mai lineare o banale, con i suoi paesaggi variegati, così diversi tra loro, a volte dolci e accoglienti, a volte quasi avvolti da un’aurea mistica, con i borghi fortificati, i monasteri imponenti e i palazzi sontuosi, i villaggi di pescatori, i battelli, che percorrono il fiume senza sosta.  Verso la foce, nel Mar Nero, le acque del Danubio si confondono con la terra, col cielo e infine col mare, in un passaggio graduale, pieno di vegetazione, di animali e di riflessi. Persino questo suo finire nel mare ha qualcosa di misterioso,  è un “incessante finire, per citare ancora  Magris.

I viaggiatori che (in)seguono il fiume arrivano, alla fine,  in Romania, a Tulcea (la capitale della provincia, una città vecchia quasi quanto Roma, fondata dai Greci di Mileto), una vera città di frontiera,  il cui cimitero accoglie epitaffi di cinque religioni e di ancor più nazionalità, visto che in questo luogo,  durante i secoli, giundero uomini da ogni parte d’Europa. Da tutta l’Europa arrivano anche le acque che formano il Danubio fino a sparire nel Mar Nero,  con un estesissimo delta, unico al mondo, che si trova nella regione chiamata Dobrogea. Nei pressi di Tulcea,  il Danubio si divide in tre rami, prima di sfociare nel Mar Nero: Chilia,  Sulina, che delimita il confine tra Romania e Ucraina e  Sfântu Gheorghe.

Il Delta del Danubio, considerato un vero paradiso naturale, gode di un triplo stato di protezione internazionale: Riserva della Biosfera, designata a livello internazionale dal Comitato UNESCO “Uomo e Biosfera” (grazie anche all’opera del famoso esploratore subacqueo francese Jacques Cousteau), Zona Umida di importanza internazionale, designata dal Segretariato della Convenzione Ramsar e Sito del Patrimonio Naturale UNESCO.

delta forestaCon un’area di 3446 chilometri quadrati è il più esteso e meglio conservato dei delta europei.  Si tratta di una delle più giovani terre d’Europa poiché cominciò a formarsi circa seimila anni fa e continua ad espandersi verso il mare, avanzando di circa 40 metri all’anno. Il delta ha una superficie composta da paludi, acquitrini, dune emergenti, cordoni sabbiosi di origine fluviale e marittima, piccoli laghi, canali e isole. L’80% del delta si trova in territorio romeno, l’altra parte,  in Ucraina.  Nel delta del Danubio trova posto il 98% della fauna acquatica d’Europa, oltre 3.400 specie, molte delle quali uniche al mondo. Ci sono decine di specie di mammiferi, 300 specie di uccelli, sette di rettili, otto di anfibi, più di 160 specie di pesci.

pascatori2La terraferma è coperta da boschi di pioppi, querce, salici, meli e peri selvatici, ma anche da vite selvatica e liane (Letea, ad esempio, grazie alle sue liane ha l’aspetto di una foresta tropicale), mentre gli isolotti galleggianti sono costituiti da un intreccio di rizomi, radici di piante acquatiche e terra. La flora acquatica è dominata dalla ninfea bianca, ninfea gialla e vari tipi di canne che formano l’habitat ideale per le varie specie di uccelli autoctoni o di passaggio: cormorani, anatre e oche selvatiche, aironi, ecc. Tra le specie di maggior valore si trovano le grandi colonie di pellicani bianchi, il 70% della popolazione mondiale. Il grande pregio di quest’area è l’estrema facilità con la quale si possono ammirare specie di mammiferi come: lo Sciacallo dorato, la Lontra, il Cane procione, il Tasso, la martora e soprattutto il Gatto selvatico! Nelle acque hanno trovato casa gli storioni, la carpa, il pesce gatto, il luccio, la luccioperca, la murena e tante altre specie di pesci che fanno del Delta del Danubio un paradiso per i pescatori.ninfea2 In tutto,  esistono 187 zone strettamente protette, al fine di preservare il processo naturale di evoluzione della fauna e della flora. Proprio questa ricchissima varietà ha determinato il grande interesse da parte dell’Unesco verso la più grande riserva della biosfera dell’Europa, un polmone naturale di cui il nostro pianeta, sempre più inquinato,  ha sempre più bisogno.

Per coloro che amano la natura,  un viaggio esplorativo, un safari,  con una barca, tra il dedalo di insenature e canali serpeggianti, tra canneti e laghi salmastri, grandi aree di steppa e dune fluviali,  in un ambiente che ha conservato le sue profonde origini rurali, potrebbe essere un’esperienza unica e indimenticabile. Si può pescare, degustare vini, assaporare i piatti preparati dai pescatori del posto, praticare birdwatching (Il Delta è considerato, dagli amatori di questo hobby,  il postuccelli deltao migliore d’Europa), ammirare una colonia di pellicani, passeggiare per le macchie, fare una crociera romantica al tramonto, sentirvi parte della natura incontaminata, lontani dalla pazza folla. Per gli amanti di arte e storia, ci sono i siti archeologici di Hamiris, Capidava ed Histria, quest’ultimo considerato il punto chiave per la scoperta, da parte del mondo archeologico tedesco, dell’antichità greca e romana di questa zona.

Dobrogea, l’ultima regione romena ad esser stata liberata dalla dpescatoreominazione ottomana alla fine dell’ottocento,  conserva intatto l’infinito passaggio di popoli e culture che ne ha contraddistinto la storia: i discendenti di antichi popoli come i Lipoveni, i pescatori dalle lunghe barbe profetiche,  giunti nel settecento dalla Russia zarista abbandonata per motivi religiosi;  i greci del Ponto che, dall’antica Trebisonda,  si sparpagliarono lungo le sponde del Mar Nero,  arrivando sino alla zona del delta; i Friulani emigrati alla metà dell’ottocento e sopravvissuti oggi in piccoli paesini come quello di Greci, dove la maggioranza degli abitanti parla l’italiano (o meglio, il friulano).

Possiamo concludere il nostro viaggio proprio qui, in mezzo agli italiani di Greci, che vi racconteranno la loro storia (quasi centenaria), tormentata e tortuosa, proprio come le acque del fiume Danubio. italieni greci




Le fortezze di Sarmizegetusa, Stonehenge d’Oriente

Viene definito spesso come la Stonehenge d’Oriente, Unesco l’ha incluso nel 1999 tra i siti del suo patrimonio artistico mondiale, per la prestigiosa rivista britannica The Guardian le Fortezze Daciche di Sarmizegetusa sono il luogo più affascinante della Romania e per gli archeologi di tutto il mondo questo insediamento resta ancora avvolto nel mistero. Tentazione irresistibile per i cacciatori di tesori, portale di comunicazione con un mondo parallelo, fonte energetica in cui meditare per per gli appassionati di yoga di tutto il mondo.

yoga

Il turismo alternativo, esoterico,  è talmente diffuso che, fino a non molto tempo fa, le autorità permettevano ai gruppi di turisti permanere anche di notte nel complesso archeologico di Sarmizegetusa Regia, soprattutto nel giorno del solstizio d’estate, quando, secondo gli studiosi di esoterismo, l’area si riempirebbe di un “magnetismo” unico.

Verità storiche, scoperte archeologiche sorprendenti, storie di tesori rubati,  risonanze con la terra mitica di Shambala (in sanscrito “luogo di pace/tranquillità/felicità”, luogo ideale nella letteratura buddista per la ricerca dell’illuminazione), carica vitale eccezionale, luogo irresistibile per gli ufologi… la capitale dell’antica Dacia, Sarmizegetusa, è tutto questo, un luogo incredibile dove storia e misticismo si amalgamo in armonia da oltre 2000 mila anni fa.

daciiQuesta era la terra dei daci (conosciuti tra i greci anche come geți), il popolo misterioso e fiero, il più coraggioso e giusto della Tracia, secondo il padre della storia, Erodoto. Per Platone, invece, era il popolo che credeva nell’immortalità dell’anima, e che considerava la morte come un viaggio per ricongiungersi al suo dio,  Zalmoxis, nella consapevolezza di acquisire l’immortalità. Proprio questa convinzione ha reso l’esercito dei daci il più temuto, temerario e potente.

Non fu facile per i romani conquistare la Dacia del re Decebal, un grande stratega militare. L’imperatore Traiano ci riuscì solo nel 106 d.c,  dopo ben 5 anni di dure campagne militari, al prezzo della metà del suo esercito. Prima di lui, avevano provato a sconfiggerli anche gli imperatori Giulio Cesare e Domiziano, ma capirono presto che il popolo di Decebal era “estremamente preparato, difficile da sconfiggere e mai domo”, come storicamente tramandato. 

sarmize de susLa capitale dell’impero, Sarmizegetusa (situata nei Monti Orăștie, nel sud ovest della Romania), era una vera fortezza naturale, imprendibile, circondata da foreste impenetrabili. Eretta in cima ad una rupe alta 1200 metri, la fortezza era il centro strategico di difesa, che comprendeva sei cittadelle. Era considerata all’epoca la città fortificata più sviluppata tra i centri politici e religiosi europei dell’età preistorica, uno dei più grandi e popolati centri di tutta Europa.
Non sono in pochi a ritenere che la fortezza funzionasse anche come centro astronomico-astrologico, per il grande sole di andesite (una roccia vulcanica), posto in un disco di pietra, che si trova qui rappresentato.

cetatiNonostante una corrente storica filo-romana abbia dipinto i daci come un popolo non civilizzato e acculturato fino alla conquista di Traiano, le fortezze daciche, costruite tra i secoli I a.c. e I d.c, raccontano una storia ben diversa. I daci erano abilissimi costruttori, specializzati nella posa di acquedotti e di mura di fortificazione. La cinta muraria era formata da massicci blocchi di pietra e edificata su cinque differenti terrazzamenti. I civili vivevano intorno alla fortezza, protetti dalle montagne, in terrazzamenti artificiali. La nobiltà dacica aveva acqua corrente, portata nelle loro residenze da tubi di ceramica. Le scoperte archeologiche nel sito mostrano che la società godeva, per l’epoca, di un alto tenore di vita.

Le fortificazioni non rappresentano solo città disparate, collocate sulle cime delle montagne, ma un insieme compatto, un vasto insediamento militare e civile, con differenti nuclei, esteso su di una superficie grande circa quanto l’attuale Bucarest, circa 200 km quadrati. Si calcola che attualmente solo il 5% di ciò che costituisce Sarmizegetusa Regia è stato portato alla luce. Abbastanza da attirare ogni anno migliaia di turisti, talmente desiderosi di entrare nel regno dei daci, da cimentarsi nell’ardua impresa di arrivarci.

Ancora oggi il percorso è affascinante e impervio, la cittadella sembra inarrivabile, così come dovette esserlo per i soldati di Traiano.

stradaLa strada sterrata si inerpica per 18 Km,  larga, fangosa, con ripide curve a gomito, sempre a ridosso del fiume. Nel regno dei daci si entra passando sotto una curiosa porta dallo stile orientaleggiante. Due pilastri squadrati sostengono un tettuccio stretto e spiovente. Sulla sinistra il muro “ospita” su sfondo azzurro uno stucco bianco che raffigura un guerriero daco, con tanto di spadone ricurvo. Sul pilastro di destra un romano, rappresentante del popolo che invase, combatté, distrusse i daci e poi colonizzò la nuova provincia dell’Impero. Il viaggio comincia su stradine di campagna fiancheggiate da piccole case di montagna,  sparse in mezzo alla natura. Non sono numerose, ma sono fantasiose, susamirsi cartelli di legno, ferro, alluminio, o sulle cortecce degli alberi, una freccia o una croce che indica la strada per la cetate (cittadella). Spesso, dopo qualche curva lo sguardo si sofferma sul disegno colorato e naif di un Cristo crocefisso circondato da santi.  Guardando dal basso, la cima della rupe sembra sempre così lontana, conferendo un alone di regalità ed esclusività al mondo daco.

Gli ultimi km di strada sono da percorrere a piedi, ma la fatica viene ampiamente ricompensata: dopo aver varcato le mura della città si attraversa un pezzo di bosco e si giunge alla radura dove si trova l’area sacra. Si possono ammirare i resti delle imponenti mura, ora in mezzo a un bosco di faggi, e la strada lastricata che portava all’ampia spianata dove si trovavano i templi, una terrazza erbosa che domina le valli circostanti. È un luogo indubbiamente di grande suggestione. L’area sacra è composto da due edifici circolari,  il più grande formato di 104 anelli di andesite, con una fila di pilastri parallelepipedi e, verso il centro, altre due file di pali lignei coperti da lastre di terracotta, la prima, circolare, la seconda a ferro di cavallo. La disposizione dei pilastri di andesite presenta un particolare interessdiscoe: la loro divisione in 30 gruppi di 7 pilastri, fa pensare a un rapporto tra questo santuario e certi fenomeni celesti e persino all’ipotesi che il monumento fosse la rappresentazione architettonica del calendario dacico.

Molto interessante è il disco solare trovato vicino al grande santuario circolare,  suddiviso in 10 spicchi di circa 36° ognuno, il che renderebbe evidente che i daci conoscessero molto bene il periodo terrestre di 365 giorni ma non fossero adeguatamente precisi nelle misurazioni o nel taglio dell’ andesite.  La scoperta del sole di pietra è considerata la prova più certa dell’esistenza di un culto solare presso i Daci,  nei secoli I a. C. e I d. C. Intorno ci sono sassi “piantati” nell’erba a formare rettangoli e quadrati, resti di quelle che dovevano essere colonne allineate come soldati.

Non è ancora chiaro come siano riusciti a trasportare i pesanti blocchi di pietra fino alla sistemazione finale per un percorso così lungo e impervio, ma per gli ufologi non ci sono dubbi, l’aiuto alieno è inoppugnabile!

Sulla strada di ritorno fermatevi a parlare con qualche contadino… se lo trovate. Vi racconterà dei cacciatori di tesori che, fino qualche anno fa, giravano di notte da queste parti e di un americano che avrebbe pagato oltre quattro milioni di euro per quindici bracciali d’oro massiccio. Se gli chiedete perché non si sistema un po’ la strada vi risponderà che ai daci non sarebbe piaciuta l’idea di rendere più accessibile la loro enigmatica fortezza!

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