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“Noaptea de Sânziene”, la Notte delle fate

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Nel calendario ortodosso rumeno c’è una sola festa pagana che possiamo ritrovare con il suo stesso nome, Sânziene, che si celebra il 24 giugno, insieme alla nascita di San Giovanni Battista. Come succede sempre quando il sacro si intreccia con il profano, la festa è diventata nel tempo un misto affascinante di religione, paganesimo, esoterismo e anche stregoneria. In una sola parola: mistero. Non è un caso che il più grande storico delle religioni, il rumeno Mircea Eliade, sia stato attratto da questa festa a tal punto da scrivere un romanzo in tre volumi intitolato proprio “Noaptea de Sânziene” (La Foresta proibita).

sanziene3Alcuni dicono che questa notte, esattamente a mezzanotte, i cieli si aprono…ma forse solamente per quelli che sanno guardarli; potrebbero succedere tanti miracoli, ma devi imparare a vederli, altrimenti non ti accorgi nemmeno che sono dei veri miracoli”. Ecco come descriveva Eliade questa notte, il cui significato va oltre il sacro o il profano, oltre la razionalità.

Ma che cosa è, in realtà, la Festa di Sânziene?  Le sue origini si perdono lontano nel tempo. C’è chi sostiene che sia di origine geto-dacica, legata al rito del sole, altri invece gli attribuiscono origini romane e fanno riferimento al culto di Diana e della sua bellezza. Le sânziene sono delle bellissime fanciulle dotate di poteri magici che,  nella notte tra il 23 e il 24 giugno,  scendono sulla terra e con la loro danza sfiorano campi e prati, così le erbe e le piante ricevono proprietà terapeutiche capaci di curare qualsiasi malanno. I loro balli donano fertilità alla terra e ricchezza ai campi in un ciclo cominciato con il solstizio del 21 giugno. La parola rumena sânziene e composta da “sân“, che vuol dire “santo” e “ziane”, “zâne“, che significa “fate“. Il nome stesso di queste fanciulle suggeriscono proprio i loro poteri straordinari. La parola si riferisce anche a un fiore di campo, sânziene, di colore giallo-dorato, molto profumato, chiamato il fiore del solstizio estivo, forse perché la sua vita è breve, come se sbocciasse solo per celebrare l’inizio dell’estate e la sua ricchezza e la presenza delle fate sulla terra.

I ragazzi e le ragazze dei villaggi preparano con riti speciali l’arrivo delle fate nella loro notte magica. IL 23 giugno, prima  del tramonto, le ragazze vanno ai campi e raccolgono i fiori gialli,  che profumano di fieno e miele, con i quali intrecciano poi delle coroncine. Uno dei miei ricordi più belli dell’infanzia vissuta nel villaggio dei nonni e proprio questo: raccoglievo anche io i fiori, intrecciavo delle coroncine che poi  lanciavo ui tetti delle case. Una per ogni membro della famiglia. Se era giovane, il rituale era diverso, la coroncina doveva rimanere sul tetto, perché così portava fortuna e un bel matrimonio alle fanciulle in età da marito. Per gli anziani, le coroncine dovevano restare sul tetto perché,  se cadevano,  significava una morte vicina. Le coroncine si lanciavano anche sulle stalle degli animpadurea baciuali, per lunga vita e in salute. Le fate sânziene proteggevano anche i morti, perciò andavo con le ragazze del villaggio al cimitero a riporre una coroncina dorata su ciascuna croce. Nel frattempo, al tramonto,  i ragazzi accendevano fuochi sui prati per attirare le fate e i loro poteri benefici. Siccome le fate sono raffigurate nell’immaginario collettivo con una bellezza unica, c’è anche un rituale che si doveva compiere la mattina del 24 giugno: all’alba, le anziane del villaggio andavano sui campi e raccoglievano la rugiada dai fiori di sânziene, con la quale le fanciulle si lavavano poi il viso per rimanere sempre giovani e belle. Non so se mia nonna abbia mai creduto in questi miracoli, ma quel giorno ci faceva sempre lavare con la rugiada.

Il rispetto di questi riti è alimentato dalla credenza che la fate buone potevano trasformarsi in streghe se non venivano celebrate a dovere. Entriamo ora nel campo più  esoterico e misterioso della Notte delle fate. Non molto distante dal villaggio dove vivevano i miei nonni (a pochi km da Cluj-Napoca, in Transilvania)  c’è una foresta diventata famosa in tutto il mondo come “Triangolo delle Bermuda della Transilvania“. Si tratta dellaPădurea Baciului, la “Foresta del Pastore“, che deve il nome a un pastore scomparso in circostanze più che misteriose insieme alle sue 200 pecore circa 50 anni fa. E’ uno dei luoghi chesanziene2 gli studiosi dei fenomeni paranormali ritengono frequentati da UFO, con presenza di attività poltergeist,  luci inspiegabili tra gli alberi, sfere che si muovono nel cielo, nel quale chi entra perde facilmente la cognizione del tempo e non ha più il ricordo di ciò che vi ha fatto. Gli amanti di questi fenomeni sono arrivati a sostenere che la Foresta Baciu (guarda caso, ha il mio stesso cognome!) sia un portale d’accesso verso un’altra dimensione.

Vi chiederete che c’entra tutto ciò con la Notte di Sânziene? Beh, in questo luogo arrivano gruppi da tutta la Romania proprio nella notte tra il 23 e il 24 giugno, per avvistare le fanciulle che scendono solo questo giorno sulla terra (ndr ognuno avvista quello in cui crede, in verità). Gli anziani del posto parlano di sparizioni misteriose e c’è una leggenda che ognuno di loro vi racconterà e che mio nonno ha raccontato a me:  un ragazzo che avventuratosi di notte nella foresta maledetta ne uscì il giorno dopo con i capelli bianchi, farneticante e confuso, muto e sordo… siccome non riuscì a raccontare niente di quello che gli era successo, il mistero si è fatto con gli anni sempre più fitto e tutti hanno indicato come unica spiegazione che le fate, sorprese nel loro rituale notturno, si sono vendicate. Anche le belle fanciulle possono diventare dispettose e vendicative senza pietà!

Citando ancora Mircea Eliade, nella Foresta proibita “il cielo si apre, si può avvistare l’aldilà, si può uscire dal tempo e dallo spazio, si può vivere un attimo come se fosse un’eternità”, dove se non in una Foresta misteriosa come Pădurea  Baciului si potrebbe mai avere una visione più spettacolare?

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